6.5
- Band: MYRATH
- Durata: 00:47:37
- Disponibile dal: 08/03/2024
- Etichetta:
- earMusic
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I Myrath sono un gruppo in continua evoluzione: partiti suonando un interessantissimo prog metal mescolato a musica etnica di ispirazione araba e magrebina, con l’album “Legacy” avevano virato in maniera decisa (persino brusca, ci verrebbe da dire) verso un classico metal melodico, salvo poi trovare con il successivo “Shehili” un mix a nostro avviso davvero ottimale, recuperando quegli elementi etnici e facendoli coesistere perfettamente con il loro nuovo stile.
Sono trascorsi ben cinque anni dalla pubblicazione di “Shehili” e assistiamo a nuovi cambiamenti nella musica della band tunisina: il loro nuovo lavoro, “Karma” (già il titolo appare piuttosto distante concettualmente dalle loro origini) è il primo senza il tastierista Elyes Bouchoucha – al suo posto viene inserito in pianta stabile in line-up il produttore Kévin Codfert (ex Adagio, che già suonava comunque il piano dal vivo con la band) – e si notano subito alcune differenze.
In sostanza, spariscono gli strumenti etnici, c’è una maggiore presenza di orchestrazioni, le chitarre sono meno dure e le tastiere spesso alquanto preponderanti (palese il caso di “Into The Light”); giusto per non snaturare troppo il loro tipico stile, vengono inseriti di tanto in tanto con le tastiere brevi temi o tappeti con scale modali o fioriture tipiche della musica araba.
Con questo lavoro la band propone una serie di brani che si sforzano di essere quanto più diretti e lineari possibile, ma anche il sound risulta spesso parecchio ammorbidito: facciamo persino un po’ fatica a considerare ancora metal tracce come “Words Are Falling”, “Child Of Prophecy” o “The Wheel Of Time” (in quest’ultima Zorgati ci ricorda persino Phil Collins), che mostrano di avere un approccio in qualche misura più vicino al pop rock.
Al di là di questo, comunque, la nostra impressione è che un po’ tutto l’album non presenti lo smalto e la brillantezza a cui ci hanno abituati i Myrath: in mezzo a una tracklist fatta di assoluta ordinarietà, spiccano magari alcune canzoni come “To The Stars” (che è un’ottima opener) e “Heroes”, come pure non sono di per sè niente male, ad esempio, la già menzionata “The Wheel Of Time” o “The Empire”, ma la nostra sensazione è che la band stia cercando sempre più una strada che le permetta magari di ampliare la propria potenziale audience e di crescere in termini di notorietà.
Il problema è che non è facile trovare una giusta formula che consenta di continuare ad essere originali e di arrivare facilmente allo stesso tempo a quanta più gente possibile. Quel che è certo è che i Myrath sono degli ottimi musicisti, con un livello probabilmente anche sopra la media, che sanno tirare fuori il meglio di sè quando hanno modo di esprimersi in assoluta libertà e naturalezza e, in questi casi, riescono a raggiungere livelli altissimi.
Quando, per contro, cercano di incanalare la loro espressività e la loro creatività, si rischia di perdere qualcosa, di non far combinare bene tutti gli ingranaggi per esaltare tutte le proprie qualità, un po’ come era successo in precedenza con “Legacy” (che rimane comunque un buon album), con l’aggravante però stavolta di aver perso anche un elemento fondamentale per il loro sound come Bouchoucha (senza nulla togliere a Codfert che è un ottimo musicista, ma possiede un background certamente molto diverso) e di non presentare un songwriting particolarmente ispirato.
Al di là di quale sarà il riscontro che otterrà “Karma”, riteniamo che sarà importante per questa formazione mantenere salda la propria identità ed evitare eccessivi e bruschi stravolgimenti: siamo convinti che, così facendo, con la giusta determinazione e perseveranza, i Myrath possiedano ancora senz’altro le carte in regola per raggiungere tutti i propri obiettivi.