7.5
- Band: MYRONATH
- Durata: 00:41:56
- Disponibile dal: 31/05/2024
- Etichetta:
- Dusktone
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A distanza di tre anni dalla pubblicazione di “Djevelkraft” arriva il terzo album del quartetto svedese dei Myronath, denominato “Inferno”.
Con un titolo del genere anche gli svedesi si sono sentiti in dovere di rendere omaggio al nostro ‘sommo poeta’ Dante e di intitolare anche l’opener “La Selva Oscura”.
I Myronath sono l’ennesima band messa in piedi da artisti che sono attivi in già molte altre formazioni – qui basti citare la presenza del drummer Fredrik Andersson (A Canorous Quintet ed ex Amon Amarth).
Continua, inoltre, il legame tra questa band ed i Marduk nel senso che, dopo aver avuto in formazione negli anni passati Lars Broddesson (ex Marduk, per l’appunto) ed aver mixato il debut album nei suoi Twisting Serpent Studios, anche questa nuova release è stata affidata alle sapienti mani di Devo Andersson (altro ex Marduk) per il mixaggio e la masterizzazione.
Del resto lo stile di questo gruppo ha sempre avuto come riferimento principale proprio la band di Morgan Håkansson, oltre ad altre realtà della scena storica svedese, dai Dark Funeral ai Setherial, passando per Necrophobic e sfiorando leggermente gli ultimi Naglfar, mentre con i Watain il punto in comune più evidente sembra essere la somiglianza della cover del loro “Inferno” con quella di “Lawless Darkness”.
Ad ogni modo nelle dichiarazioni della band non sembra mai esserci stata la volontà di essere una realtà black metal innovatrice, quanto piuttosto una capace di portare avanti, possibilmente con la giusta dose di personalità, il black metal di stampo scandinavo: caratteristiche dei Myronath sono quindi il sound compatto, avvolgente e melodico e con più personalità rispetto al predecessore “Djevelkrraft”, album con cui condivide molte cose, ma la band stavolta sembra essere maturata ed i nuovi brani risultano più convincenti che in passato.
Sul sound e sui testi del combo scandinavo aleggia sempre incombente la morte, ed i temi che sono indissolubilmente legati alla sua figura; oltre alla sua tenebrosa aura, inoltre, ai nostri non dispiace di tanto in tanto dare ad alcune canzoni un leggero tono epico.
L’opener è un buon esempio in cui la band dimostra di sforzarsi per offrire una proposta black metal in stile svedese, ma con l’aggiunta di elementi personali (un breve cantato pulito ed un songwriting più ricercato del solito). I brani più classici e dalla melodia arcana, come ad esempio “Ire Towers”, in cui si può ritrovare anche qualcosa dei Lord Belial, hanno una sostanza che in passato mancava, e per questo motivo, nonostante non si possa parlare di originalità, nel caso dei Myronath possiamo però rallegrarci di avere per le mani un album inserito in una tradizione musicale che ai propri fan da decenni regala più o meno grandi soddisfazioni.
Gli ultimi due brani, invece che trascinarsi stancamente verso la conclusione della release ed annoiare l’ascoltatore, dimostrano ancora una volta le potenzialità che la band potrebbe attuare in futuro per fare definitivamente quel salto qualitativo che, a ben guardare il curriculum degli interpreti, ci si attende.