9.0
- Band: MYSTICUM
- Durata: 00:36:35
- Disponibile dal: 01/10/1996
- Etichetta:
- Full Moon Productions
Spotify:
Apple Music:
“Non abbiamo bisogno di altri musicisti, ci servono più terroristi!”.
Ecco, se questo proclama pronunciato trent’anni fa da Euronymous ha trovato un’inattesa sintesi, almeno finché lui era in vita, è stato con i Mysticum, una band che sapeva suonare black metal ferocemente, ma che era anche composta da potenziali bombaroli, almeno in termini metaforici.
Cerastes, Prime Evil, Dr. Best (e altri pseudonimi più o meno utilizzati): tre ragazzi nati e cresciuti poco fuori Oslo che nel 1993, abbandonato il classico mix di death e thrash che veniva ormai ritenuto superato e da poser, e spinti dall’abbandono di un batterista non interessato al nuovo suono made in Norway, iniziano a sperimentare con una drum machine, e ai riff zanzarosi del black metal assommano così, in maniera insieme rudimentale e originale, ritmiche ancora più glaciali e inumane; un sodalizio quasi perfetto, che non a caso attira l’attenzione del suddetto Euronymous. Prima con il demo “Wintermass”, ancora a nome Sabazios, poi con “Medusa’s Tears”, la prima registrazione sotto la nuova incarnazione. Per Oysten i Mysticum sono dal Minuto Zero una band da mettere sotto contratto con la sua Deathlike Silence; anche gli amici Hellhammer e Ivar Bjørnson (batterista dei Mayhem e mastermind degli Enslaved, ovviamente) provano in tempi diversi a dare una mano per lo sviluppo del sound e le registrazioni a questi tre neo adepti del Culto Nero: entusiasti, magari un po’ acerbi, ma presto convinti che non servano né ulteriori “fronzoli” alla chitarra, né il suono di un batterista in carne ed ossa, per quanto chirurgico, per il sound che hanno in mente di proporre. I tre ragazzi, dediti anche a ogni vizio autodistruttivo – come noto furono i primi promulgatori di flyer e adesivi con il motto “Never Stop The Madness”, accompagnato da un’esplicita siringa – ricambiano ovviamente la stima e la simpatia, tanto musicale quanto in termini di attitudine, del Padrino del black metal, di cui saranno tra i pochi, eterni ammiratori e sostenitori, in barba alle faide sviluppate sia prima che dopo il noto omicidio.
Omicidio che, purtroppo, porterà i Mysticum a esordire più tardi del previsto, su altre coordinate quanto a etichetta, e persino cambiando titolo all’album, rispetto all’originale “Where The Raven Flies”; ma il risultato, anche se datato ottobre 1996, è uno dei dischi più estremi, cupi e inquietanti partoriti dalla Norvegia, e poco importa il relativo ritardo. O, ancor meno, i tentativi di usurpazione del trono di prime mover di questo sottogenere da parte di decine di band. Un sottogenere che non include come unico elemento di originalità l’uso dell’elettronica, ma anche un approccio estetico e tematico che sposta l’Inferno e il Male dalla dimensione satanica o folkloristica tipica fino a quel momento nel black metal su coordinate urbane, raccontando un malessere più quotidiano e tangibile che prende forma persino nella ricca periferia norvegese. Paradossalmente, ma nulla stupisce di fronte a questo trio, tutto ciò risulta ben più evidente se si osserva la copertina scelta per la ristampa rimasterizzata di “In The Streams Of Inferno” che viene curata nel 2013, fortemente voluta dalla band rispetto all’originale, ‘banalmente’ legata all’estetica nordica in auge: un collage che unisce edifici in fiamme o pronti a crollare, tra cui una sorta di Reichstag post industriale, e le visioni apocalittiche di Hieronymus Bosch in chiave post moderna, che trovano piena rispondenza nei brani presenti sul disco: marziali, impersonali, ipnotici e freddi, eppure in grado di toccare, o meglio ferire nel profondo; pura espressione di un gruppo di ragazzi con il cervello immerso negli acidi, serenissimi nel frequentare i sottoscala ricoperti di pentacoli dell’Inner Circle, ma anche i capannoni industriali dove hanno luogo rave e serate di techno hardcore.
Per i più appassionati e aggiornati ascoltatori dell’epoca, diverse tracce qui presenti erano già note; “The Rest”, “Wintermass” e “Crypt Of Fear” dai due demo citati più sopra, mentre “In Your Grave” e “Kingdom Comes” erano comparse nella compilation ideata da Euronymous, poi diventata un tributo allo stesso, pubblicata nel 1995; eppure tutte queste canzoni, una volta riregistrate (nell’ultimo caso con anche una piccola modifica al titolo) mostrano una faccia differente, in cui tutti gli elementi sopra descritti vengono esacerbati: tutto è viscerale ed estremo, ma passato attraverso le mani ferme e l’occhio cinico di un chirurgo pazzo e visionario: un sadico che mentre taglia metaforicamente le nostre carni, o squarci sulla nostra vita contemporanea, riesce a raggiungere anche una sorta di trascendenza (ovviamente lisergica).
Abbiamo citato cinque brani su otto presenti, ma per una rara volta non è necessario – nemmeno di fronte a una recensione ‘celebrativa’ – enumerare e descrivere le singole tracce di un unicum che trasuda marciume e cattiveria dalla prima all’ultima nota, e in cui la sequenza dei brani è fondamentale per la costruzione del nichilistico messaggio della band: poco più di 35 minuti che, mutatis mutandis, possono competere in unitarietà e violenza con un altro breve, immarcescibile caposaldo del metal estremo: pensiamo a “Reign In Blood”, ovviamente, con cui condivide il mirabile equilibrio tra immagini di malessere concreto e sensazioni di orrore trascendentale.
Questo disco proietterà i Mysticum in un giro di tour con band del calibro di Marduk e Cannibal Corpse, ma quando si parlerà un paio d’anni dopo di un nuovo disco in arrivo, le speranze resteranno presto disattese. Si dovrà aspettare il 2014, fatta salva una compilation curata nel mentre dal loro manager (e di oggettiva qualità), per ascoltare nuovo materiale e in particolare il mitologico “Planet Satan”; un disco rimandato, senza troppi giri di parole, per pigrizia e abuso di droghe, ma anche per la voglia di lavorare all’unisono senza intaccare il nucleo composto da tre amici di vecchia data, che nel frattempo hanno anche messo prosaicamente su famiglia, e quindi con altri impegni. E, nonostante (o forse grazie) queste ulteriori contraddizioni, i Mysticum non deludono nemmeno col secondo capitolo, che non a caso li riproietta verso una serie di selezionate date live.
Se questo resterà il ritmo, attendiamo il 2032 fiduciosi, anzi certi, che questi tre ieratici terroristici sapranno annichilirci nuovamente.