8.0
- Band: MYSTIFIER
- Durata: 00:49:59
- Disponibile dal: 08/03/2019
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Prima che l’etichetta ‘metal estremo a’vesse dei parametri chiari di definizione, prima delle band pittate calate dall’Estremo Nord, prima dell’era in cui è stato possibile ascoltare in tempo reale musica proveniente dal più recondito angolo del pianeta, una manciata di gruppi rivoluzionò il nostro mondo musicale con un’attitudine nuova e rivoluzionaria, e tra i nomi eccellenti ci furono sicuramente i Mystifier. Certo, il tempo è spesso inclemente in occasione di comeback di questo calibro, e la band brasiliana mancava dalle scene da ben diciott’anni – da quando cioè si affacciò nel nuovo millennio con il più che discreto “Profanus”. Ma per fortuna l’instancabile Beelzeebubth, eterno leader e unico membro originale rimasto, mostra di essersi preso a ragione questa lunga pausa, donandoci un album che è insieme un ritorno nostalgico, un manifesto d’intenti e una dichiarazione chiara al modo del metal, che potremmo riassumere come: “eravamo qui prima di molti, e siamo qui per restare”. Tutti gli elementi caratteristici del loro sound e del loro immaginario sono qui presenti con forza e ottime idee, e nell’ambito del loro satanismo militante messo in musica i Mystifier toccano tutto lo spettro delle invocazioni ed evocazioni. A partire dai brani più cadenzati e mistici, dove non mancano passaggi acustici emozionanti, come avviene nella titletrack o in “Akhenaton”, le cui accelerazioni in midtempo colgono altrettanto nel segno. Passando per le sfuriate senza compromessi di “Demoler Las Torres Del Cielo” o “Soultrap Sorcery Of Vengenace”, quest’ultima comunque ammorbidita dal tappeto di tastiere conclusivo. Ma i veri gioielli del lavoro sono i momenti più evocativi e complessi insieme: su tutti possiamo scegliere “Weighing Heart Ceremony”, dove su una struttura da occult metal anni Ottanta si intrecciano linee vocali malsane e decisamente death. A tal riguardo i musicisti coinvolti, nonostante la poca notorietà, non mancano di capacità e compiono un lavoro notevole sia sul fronte della sezione ritmica che della voce: l’espressività vocale di Diego DoUrden è spesso straordinaria, specie quando volge a un’atonalità da brividi (in “Witching Lycantropic Moon”, esemplare anche per la varietà). Lo stesso cantante e bassista è anche il responsabile del lavoro alle tastiere, che emergono spesso ma senza mai prevaricare i brani, aggiungendo un tocco maligno ed efficace. Resta solo una citazione d’obbligo per il brano finale; una vecchia bonus track uscita precedentemente solo in alcune ristampe brasiliane, finalmente offerta al pubblico internazionale, che dietro l’affascinante titolo “Chiesa Dei Bambini Molestati” mostra il lato più selvaggio e ottantiano della band, senza trascurare quell’oscura epicità (virata a un sabba post-industriale nel finale) che è la cifra vincente di questo ottimo ritorno.