7.5
- Band: NAGLFAR
- Durata: 00:43:41
- Disponibile dal: 08/05/2020
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Menefreghisti, misantropi, restii a dare continuità ad una carriera che, in almeno un paio di circostanze, sembrava sul punto di esplodere definitivamente. I Naglfar non cambieranno mai, né a livello attitudinale (leggasi sopra), né soprattutto a livello stilistico, secondo un gusto per il famigerato black/death svedese che, dal secondo full-length “Diabolical” in poi, si è sempre più tinto di violenza e feralità, strizzando l’occhio alle progressioni dei connazionali Setherial e Dark Funeral. “Cerecloth”, che arriva fra noi a ben otto anni di distanza dalla precedente fatica, non inverte minimamente questo trend, ripresentandoci il terzetto Olivius/Nilsson/Norman (cui si aggiungono A. Impaler al basso e Efraim Juntunen alla batteria) vestito dei suoi soliti panni e pervaso da un’ispirazione come sempre confortante, la quale non tarda a riflettersi sugli episodi della tracklist confezionata per l’occasione.
Nessuna novità e tanta sostanza sono i perni attorno cui ruota questo atteso comeback, a partire da una forma curatissima (mastering di Dan Swanö, artwork di Necrolord) per giungere naturalmente al contenuto musicale, alveo in cui una lunga serie di soluzioni brucianti scorrono a cascata verso parentesi melodiche dal sapore ora trionfale e liberatorio, ora subdolo e malevolo. Uniche differenze rispetto ai precedenti “Harvest” e “Téras”, evidenti già dai primi ascolti, un riffing mediamente più brutale e un senso di perfidia più che mai in risalto, nell’ottica di un songwriting intenzionato a recuperare lo slancio e il terreno perduto spingendo al massimo il piede sull’acceleratore della cattiveria. Un ‘more of the same’ che, se da un lato potrà risultare superfluo a fronte dei recenti colpi e delle audaci reinterpretazioni di certo underground europeo e statunitense, dall’altro non potrà fare a meno di appagare lo zoccolo duro di fan della band di Umeå e della vecchia guardia scandinava di Lord Belial, Necrophobic, Unanimated e compagnia satanica, con brani equamente distribuiti fra rasoiate assassine (la titletrack, “Cry of the Serafim”, “A Sanguine Tide Unleashed”) e pezzi dall’incedere epico e composito (“The Dagger in Creation”, “Necronaut”, “Last Breath of Yggdrasil”).
A patto di abbracciare lo spirito defender dei suoi autori, “Cerecloth” sa quindi come regalare le giuste soddisfazioni: il tocco – temprato da ventotto anni di carriera – è sicuro e fluido, gli arrangiamenti frutto di un lavoro certosino, l’interpretazione accanita com’è lecito aspettarsi dalla suddetta miscela di black, death e puro heavy metal, per quello che non esitiamo a definire l’ennesimo viaggio portato a termine con successo dalla nave infernale dei Nostri.