7.5
- Band: NAGLFAR
- Durata: 00:39:09
- Disponibile dal: 20/06/2005
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Self
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La nave Naglfar sembra avere finalmente accelerato l’andatura, ripresentandosi in porto, per far carico di schiavi-rematori, più celermente del solito, a soli due anni di distanza dal precedente, ottimamente riuscito, “Sheol”. Dopo “Vittra”, “Diabolical” ed il già citato terzo full-length, la band di Umea giunge al quarto album completo consapevolissima della propria importanza nella scena e, soprattutto, cosciente dei propri (abbondanti) mezzi. Il doloroso abbandono del parossistico singer Jens Rydén, trasferitosi a Stoccolma per motivi di studio ed impossibilitato a seguire regolarmente gli impegni del gruppo, poteva divenire un intralcio non indifferente alla scalata dei Naglfar al Valhalla del black metal svedese (e del black metal tutto?); ma, questa volta con decisione rapida e tempestiva, i restanti membri non hanno tergiversato affatto sul da farsi, piazzando al microfono il bassista Kristoffer W. Olivius, cantante già dei Setherial e davvero spaventoso senza capelli… Diciamo subito che la prestazione vocale di Olivius è mastodontica, in quanto, pur somigliando vocalmente parecchio a Rydén, ne rilegge lo stile in modo forse meno straziante, ma anche più sinistro e maligno. “Pariah”, che segna il debutto degli svedesi su Century Media, mantiene intatte le caratteristiche che hanno fatto e stanno facendo grandi i Naglfar, ovvero riffing e drumming incessanti, dotati di un appeal davvero insano, con un Mattias Grahn strepitoso ai tamburi e doppia cassa e la coppia d’asce Nilsson/Norman autrice di un lavoro certosino di taglia&cuci senza sosta. Inequivocabili e subito riconoscibili, i tipici riff naglfariani non esiteranno a trascinarvi in un vorticoso maelstrom metallico ed infernale: brani quali “A Swarm Of Plagues”, “The Perpetual Horrors”, “Revelations Carved In Flesh” e “Spoken Words Of Venom” sono veri e propri masterpiece del genere, i quali, oltre a confermare l’assalto frontale caratteristico della band, mettono in mostra spunti di classe davvero notevoli, ad esempio per merito di arrangiamenti al pianoforte. L’album, a giudizio di chi scrive, avrebbe potuto essere un po’ più vario e di cangiante atmosfera, ma è evidente che la band vuole mantenere (se non far crescere) l’aura malefica che le proprie composizioni sanno emanare. Detto della produzione perfettamente all’uopo, limpida e precisa ma anche piuttosto grezza e mefitica, non ci rimane che consigliare un po’ a tutti l’accaparramento di “Pariah”, lavoro che saprà schienarvi in giusto due-tre ascolti! Che la Naglfar tolga pure gli ormeggi…