9.0
- Band: NAGLFAR
- Durata: 00:46:12
- Disponibile dal: 27/03/1995
- Etichetta:
- Wrong Again Records
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‘Naglfar’… ‘Vittra’… negli anni Novanta gli italiani impararono a conoscere le parole scandinave e a farne l’abitudine, dato che in precedenza nel mondo metal erano usate in modo assai sporadico. Per alcuni fu uno stimolo a conoscere di più la cultura e la mitologia nordica, altri invece videro realizzarsi il sogno di una rinascita della cultura precristiana, per quanto relegata al mondo musicale. Certo è che nel 1995 due nomi difficilmente pronunciabili come questi celavano un piccolo fascino misterioso. Poi si scopre che ‘Naglfar’ è la nave costruita con le unghie dei morti che salperà scatenando il Ragnarok, il Crepuscolo degli Dèi, e se si aggiunge che ‘vittra’ è uno dei tanti spiriti della Natura che popolano la mitologia ed il folclore scandinavo, allora la splendida cover di questo album svela la sua luce inquietante. Una foresta notturna che fa da contraltare con il logo infuocato della band, ed in primo piano questo spirito che vaga nell’oscurità, rischiarandola. Sembra in cerca di qualcosa o si aggira guardingo… chissà. Il punto è che difficilmente troverete una corrispondenza tra il contenuto musicale e la copertina di un album che ne riflette così compiutamente l’anima.
“Vittra” è uno dei migliori debut album che siano mai usciti dal mondo del black metal. Un black metal melodico, equilibrato e affatto scontato. I riff contenuti in una canzone dei Naglfar potrebbero facilmente riempire un album intero di molte altre band; gli intrecci si sprecano, così come i cambi di tempo, gli arpeggi e i momenti melodici accompagnati da delicate tastiere in sottofondo. L’equilibrio tra la violenza insita in un genere come il black metal e l’atmosfera inquietante e mistica è il punto di forza di questa release, una delle più sottovalutate di sempre. I capolavori qui si sprecano, dall’indimenticabile opener “As the Twilight Gave Birth to the Night” all’esaltante “Enslave The Astral Fortress”, dove resta impresso, a distanza di decenni, l’attacco della prima frase gridata dal fenomenale singer Jens Rydén. Ad ogni modo, è tutta la canzone a meravigliare, con la sua natura mutevole che alterna passaggi violenti e momenti incantati creati ad arte dai due (ottimi) chitarristi. Un punto di forza di questo capolavoro risiede anche nella produzione: cristallina e dai suoni freddi, molto incisiva grazie ad una batteria messa in evidenza, ma sempre calibrata in modo impeccabile e mai sovrastante sugli altri strumenti. Le chitarre sono sottili e taglienti come la lama di un fioretto, fredde come lo spirito vittra della cover. Inoltre, un valore aggiunto da non sottovalutare è dato dall’eccellente performance al microfono di un frontman come Jens Rydén. Il suo cantato su un brano epocale come “The Eclipse of Infernal Storms” è Storia, come quando all’improvviso sembra impazzire ed il suo screaming diventa incontrollato così tanto da sembrare Aldrahn dei Dodheimsgard… capitolo spettacolare se consideriamo che subito dopo i Naglfar infilano un dolce stacco di pianoforte. Gruppo geniale davvero.
Ci sono tante piccole perle che nel tempo sono diventate ‘lezioni’ su come si confeziona un brano vincente e che successivamente sono state studiate e messe in atto da altre band: si pensi ad esempio a “Emerging from Her Weeping”, col suo inizio arpeggiato scandito da una batteria che viaggia con la doppia cassa come il vascello Naglfar, lanciato a tutta velocità verso la fine del mondo. La produzione di “Vittra” in quegli anni non era un unicum, il sound dell’album si può ritrovare similmente nell’esordio degli A Canorous Quintet “Silence of the World Beyond” del 1996 o persino in “Skydancer” (1993) dei Dark Tranquillity. Ascoltare “Vittra” oggi mette nostalgia perché quello Spirito non c’è più, era svanito negli stessi Naglfar già con il successivo “Diabolical”, dove la band aveva deciso di abbandonare il mistero racchiuso in quella foresta per dimostrare a tutti quanto il black metal potesse essere un genere di impatto e devastazione ancor più del death metal, in certi casi. Peccato, o forse no… perché così facendo hanno reso “Vittra” un album unico, inarrivabile ed irripetibile. Rimane anche la provocazione se “Vittra” possa competere o persino superare i capolavori eterni dei primi Dissection, fate voi. Ma sarebbe una bella favola anche questa. Non si può ascoltare questo album senza rimanere imprigionati in quella foresta raffigurata nella copertina.
Quando vorrete fuggire da questo mondo degradato saprete che esiste un posto incantato e al contempo inquietante in cui si aggirano spiriti misteriosi. Tornate a cercarli ed entrate in quella dimensione sognante per scoprire come il crepuscolo abbia dato vita alla notte.