7.5
- Band: NAPALM DEATH
- Durata: 00:39:57
- Disponibile dal: 27/01/2015
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Universal
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Ormai sembra che ai Napalm Death basti davvero poco per confezionare un bel disco. Al quindicesimo full-length della carriera, i padri del grindcore sembrano tutto fuorchè a corto di stimoli: dopo un periodo un po’ controverso attorno alla metà degli anni Novanta, la band si è resa protagonista di una strabiliante rinascita creativa, che ha prodotto una ormai lunga serie di album freschi ed ispirati. “Apex Predator – Easy Meat” è l’ennesimo titolo da aggiungere alla lista: un lavoro concreto, orgoglioso, che ripropone e affina lievemente lo stile dell’ottimo “Utilitarian” e che guarda avanti con rabbia e fiducia. Si tratta a tutti gli effetti del successore più naturale del disco precedente: non c’è in “Apex Predator…” il momento che ti spiazza, il trucco di magia a tutti i costi, la trovata che ti spalanca la bocca, ma tutto è al proprio posto. L’estrema perizia con cui i quattro suonano ed arrangiano, la precisione delle loro idee e la gradita stringatezza delle strutture lo rendono un album compatto e piacevolissimo, dall’inizio alla fine, senza un calo di tensione. La voce pulita di Barney, i chiaroscuri, le strizzate d’occhio a Swans o Killing Joke e le virate ora negli ambienti noise, ora in quelli post punk non sono più da considerare esperimenti, ma parte integrante del suono Napalm Death tanto quanto la ovvia base death-grind. Forse il gruppo dovrebbe pensare a dare una rinfrescata alla produzione, dato che questo è l’ennesimo album registrato con Russ Russell in cabina di regia, ma alla fine dei conti si tratta di dettagli: la maestria di Shane Embury e compagni non viene affatto appannata da una resa sonora un po’ prevedibile, nè risulta minimamente in discussione. Se si va a cercare una coerenza d’insieme e si annota traccia per traccia quello che la formazione inglese è in grado di fare, davanti a pezzi come “How the Years Condemn” o “Hierarchies” – che ricordano recenti hit come “The Wolf I Feed” e “Fall on Their Swords” – non si può trarre altra conclusione al di fuori di questa: i Napalm Death hanno sfornato un altro lavoro notevole, pieno zeppo di talento e di idee.