10.0
- Band: NAPALM DEATH
- Durata: 00:33:00
- Disponibile dal: 01/07/1987
- Etichetta:
- Earache
- Distributore: Self
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I Napalm Death sono la band più potente del mondo. Nel 1987, quando la Thatcher stroncava gli hooligans ed era la ‘donna forte’ del globo, dei ragazzi cresciuti nei sobborghi di Birmingham, una città a vocazione operaia, sfogarono la loro rabbia verso il sistema in un frastuono musicale assennato dal titolo “Scum”. Non lo sapevano, ma così facendo inventarono e brevettarono il grindcore. L’album ha avuto una gestazione doppia. Due infatti le formazioni genitrici di “Scum”: la prima si è occupata delle prime dodici canzoni uscite un anno prima della release come EP, formata da Nik Bullen, voce e basso, Justin Broadrick alla chitarra e Mick Harris alle pelli; Mick, che troviamo anche nella seconda incarnazione che si è avvalsa di Bill Steer alla chitarra (poi nei Carcass), Jim Whytely al basso e Lee Dorrian alla voce o quel che ve ne pare (lascerà poi per creare i Cathedral). Il mantra “Multinational Corporations – Genocide Of The Starving Nations” (e sulla bellissima copertina di “Scum” – ‘feccia’ – opera di Jeff Walker dei Carcass, troviamo i marchi di tante multinazionali per l’appunto) viene ripetuto a oltranza su un tintinnio di base che, misto a un rumore industriale, sembra preludere a un bombardamento, che infatti è quello che musicalmente si manifesta subito dopo con “Instinct Of Survival”, una delle canzoni più lunghe del disco, con i suoi due minuti e passa! Dopo un inizio calmo, il brano dà al mondo la nozione di blast-beat, ovvero suonare incessantemente sul rullante nella maniera più veloce possibile, senza trigger di sorta. Le chitarre che ronzano in sottofondo sono accompagnate da un latrato rabbioso che rende incomprensibile qualsiasi parola, un fiume di rabbia pura che si manifesta lungo tutta la scaletta per canzoni che durano mediamente quaranta secondi, minutaggio risicato che è un’altra loro invenzione e che durerà per un altro album. Ma quel che rimane immarcescibile nel corso degli anni – e siamo qui a festeggiarne ben venticinque dalla release! – è l’alone rabbioso, di rivolta, di rigetto, che permea da ogni singola traccia di questo lavoro. E anche i suoni ancora oggi risultano ascoltabilissimi, non avendo perso un briciolo di potenza anche al cospetto delle superproduzioni odierne. Le gemme rispondono al nome di “Scum”, immortale, o di “The Kill”, ventitré secondi di puro delirio; per arrivare poi all’inarrivabile, quel “Siege Of Power” che solo nel riff iniziale mette i brividi e che man mano si impadronisce del vostro corpo, facendolo dimenare con conseguenze che chi ha visto il gruppo dal vivo nel pit conosce bene. Assieme a “You Suffer” (un secondo e tre decimi di durata, “You suffer, but why?”, il testo che li porta nel Guinness dei Primati per la canzone più breve mai scritta), questi pezzi sono ancora parte della scaletta dal vivo di oggi. La genialità del gruppo è quella di miscelare, nel proprio melting-pot musicale, l’hardcore, il crust punk e il noise, per creare una sua unicità che resisterà nel tempo. Queste influenze, facilmente individuabili nei brani, rendono uniche le strutture delle canzoni, dinamiche e mutevoli a più riprese, con l’unico fine di disorientare l’ascoltatore con una violenza che si manifesta in maniera multiforme. Nella seconda parte del disco la qualità dei suoni varia leggermente: si enfatizza di più la batteria ma la sostanza rimane la stessa. Brani come “C.S.”, “Deceiver”, “Parasites”, “M.A.D.”, sono grugniti di violenza inascoltabile ai più, sonorità non spiegabili né assimilabili che hanno scritto la storia loro e della miriade di band che oggi imbracciano gli strumenti grazie a quanto scritto dai Napalm Death. Una band che poi si è evoluta: negli anni ’90 ha fagocitato contaminazioni che nulla avevano a che vedere con le proprie origini, ma che poi si è ritrovata proprio su queste radici, rivisitate e riadattate per riannodare il filo conduttore con la rabbia di Birmingham, quella degli esordi. Questi sono i Napalm Death, la band più potente del mondo.