8.0
- Band: NAPALM DEATH
- Durata: 00:42:26
- Disponibile dal: 18/09/2020
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Quello che i Napalm Death costruiscono nei quaranta minuti abbondanti della loro ultima fatica in studio può essere visto come un capitolo riassuntivo che, anzichè esaurire e chiudere una storia, la celebra e la rilancia. Per farsi un’idea del tenore del nuovo salto proposto dalla storica formazione di origine britannica basterebbe ascoltare, anche senza troppa cura, “Amoral”, uno dei primi singoli dell’album: dopo avere accennato più volte negli ultimi tempi a varie forme di sonorità ‘alternative’ – basti pensare a pezzi come “Smear Campaign” e “Fall on Their Swords”, oppure a “Logic Ravaged by Brute Force”, singolo rilasciato alcuni mesi fa – il gruppo in questo brano approda definitivamente a un beffardo incrocio tra le proprie radici extreme metal e un devastato post-punk di matrice killingjokeiana. Le fugaci allusioni e le aperture spiazzanti dei lavori precedenti qui si trasformano in ritmo organizzato e in una esplicita dichiarazione di intenti. È ormai ovvio che Shane Embury e compagni non abbiano più alcun timore a spaziare fra vari riferimenti musicali, alternando esperimenti sempre più vistosi e consueti episodi death-grind con cui omaggiano al meglio il genere nel quale sono cresciuti e del quale hanno contribuito a creare un profilo di rango. È dall’alto di questa posizione che i Napalm Death possono permettersi spunti sospesi fra groove, rumorismo e melodia come “Joie de ne pas vivre” o “A Bellyful of Salt and Spleen”, pezzi guidati da un Barney mai così deviato e istrionico al microfono, con i quali sembrano volere gridare all’ascoltatore più maleducatamente distratto che in fondo, anche dopo quasi quarant’anni di carriera, c’è sempre tempo e modo per evolversi e ampliare ulteriormente i propri orizzonti. E comunque, per ogni parentesi votata al ‘nuovo’ e alla sperimentazione, vi sono pur sempre almeno due brani dalla struttura più possente e dall’impatto micidiale, con rimandi a tutto ciò che ha reso la band un’istituzione in campo estremo. I Napalm Death difatti non hanno certo perso il gusto per l’aggressione e la polemica: a differenza di certe uscite di metà anni Novanta, periodo nel quale la band dava a volte l’idea di essere un po’ contratta, “Throes of Joy in the Jaws of Defeatism” vuole essere un disco policromo, ma anche un’opera di rara forza e intensità, nella quale lo svecchiamento delle opzioni compositive non compromette affatto la tipica matrice degli inventori del grindcore. In questo senso, l’opener “Fuck The Factoid” parla subito chiaro, ma potremmo citare anche una “Backlash Just Because” o la titletrack. Da qualsiasi angolo lo si guardi, “Throes…” è dunque quel che si dice un album completo, dinamico e ispirato, esemplare nel dare ulteriore respiro alla carriera di un gruppo sempre più leggendario, che ancora una volta non ne vuole sapere di adagiarsi opportunisticamente sugli allori.