7.5
- Band: NAPALM DEATH
- Durata: 00:50:13
- Disponibile dal: 30/01/2009
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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I tuffi nel noise/industrial fatti con i recenti “Smear Campaign” e “The Code Is Red… Long Live The Code” hanno fatto bene ai Napalm Death, che si sono lasciati per un momento alle spalle certe soluzioni old school death-grind in cui alla lunga potevano rischiare di rimanere intrappolati, dopo aver già espresso al meglio quei determinati concetti negli ottimi “Enemy Of The Music Business” e “Order Of The Leech”. Una boccata d’aria fresca che ha segnato un punto di svolta nella carriera dei quattro ragazzoni inglesi e che, a differenza di alcune vecchie sperimentazioni, è stata supportata dai fan quasi all’unanimità. Il nuovo “Time Waits For No Slave” cerca invece in qualche modo di fare il punto della situazione, fotografando una band ancora letteralmente innamorata dei suoi vecchi lavori, ma con la testa assolutamente in sintonia con l’attualità. C’è perciò un po’ di tutto in questa nuova opera dei nostri, che a tratti sembrano proprio voler prendere ispirazione da ogni periodo della loro carriera, per dar vita a una sorta di riassunto di quanto espresso sino a oggi. L’incedere dinamico di “Strongarm” e “On the Brink of Extinction” è forse solo un omaggio al thrash di venti anni fa, ma, sotto l’apparenza, riesce anche ad aggiornare in chiave estrema la lezione di vecchi colossi come Kreator e Sepultura. “Work To Rule”, invece, rimanda nella parte centrale alle velocità simil-black metal di certi episodi di “Order Of The Leech”, mentre la title track, “Life And Limb” e “Passive Tense” spostano il tiro su quelle atmosfere alla Swans messe in mostra negli ultimi lavori. Su un livello ancora differente, infine, “Downbeat Clique”, “Feeling Redundant” e “De-evolution Ad Nauseum”, che, pur se in un contesto ben più spedito e dinamico, offrono poderosi rallentamenti che arrivano quasi a ricordare “Fear Emptiness Despair”. Una tracklist piuttosto varia, insomma, anche se la presenza di un paio di filler e l’inusuale lunghezza di certi brani questa volta lasciano qualche perplessità sull’efficacia globale dell’album. Eppure l’interesse resta comunque vivo, vuoi per l’indubbia genuinità della proposta, vuoi per il grande valore di alcuni singoli episodi. Un disco, questo “Time Waits For No Slave”, che probabilmente funzionerà meglio dal vivo che nel nostro stereo, ma, come già sottolineato, guai a parlare di passo falso. I Napalm Death non sbagliano mai un colpo.