8.0
- Band: NAPALM DEATH
- Durata: 00:46:11
- Disponibile dal: 27/02/2012
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Come si fa a parlare male di un disco dei Napalm Death? Come si fa a spendere parole cattive per una delle band che più ti ha accompagnato nella tua vita e che più di tantissime altre ha segnato questa attraverso musica, parole e immaginario correlato? Come si fa? Già… semplicemente, non si fa. E non è nemmeno una questione di impuntarsi o di negare l’evidenza. Sono gli stessi Napalm Death a venirci incontro e ad annullare il problema alla radice: pur con chiari alti e bassi, loro un album davvero scadente non lo hanno mai pubblicato e, naturalmente, nemmeno questo “Utilitarian” fa eccezione. Sedici tracce, chiuse tra l’impressionismo industriale di “Circumspect” – costruita su insolite, fini tessiture di basso e chitarra – e la conclusiva “A Gag Reflex”, una ennesima processione death-grind chiusa da uno dei migliori rallentamenti del lavoro. In mezzo, si passa attraverso episodi decadenti, cui il sottofondo di riverberi conferisce un sapore squisitamente apocalittico, fino ad assumere connotati spettrali, e le solite tracce avvitate e roboanti, che sfociano in territori grindcore più ordinari, ma dai toni sempre accesi e coinvolgenti. Certo, in alcune parti quadrate in midtempo, i riff appaiono un po’ triti o comunque già sentiti altrove, ma, tenendo presenti vari periodi della propria evoluzione artistica e denotando un’ispirazione che, incredibilmente, mostra ben pochi segni di cedimento, il gruppo è qui ugualmente riuscito a mettere insieme un disco dalla rara intensità, dominato da tutti gli aspetti migliori degli ultimi lavori in studio, cui fanno da contorno alcune graditissime novità e intuizioni. In primo luogo, i Nostri sono tornati a confezionare pezzi di 2/3 minuti, accantonando quasi del tutto la vaga prolissità di certi episodi di “Time Waits For No Slave”: scelta azzeccata, perchè il disco guadagna parecchio in spinta e fruibilità, evitando momenti di stanca. Quindi, va segnalato come sia stato fatto un gran lavoro in sede di linee vocali: quelle presenti su “Utilitarian” sono senz’altro quanto di più vario concepito dai Napalm Death su questo fronte nella loro carriera. I cori e le virate industrial/post-punk alla Swans sperimentati negli ultimi full-length sono qui stati allargati anche ai brani più diretti, tanto che ora non è raro sentire Barney cantare (nel vero senso della parola!) su trame anche molto sostenute, così come sembra essersi fatta ancora più largo una vena puramente punk, che si manifesta in passaggi in cui il Nostro suona quasi come un incrocio tra Johnny Rotten e Jello Biafra. Da citare, infine, pure l'”ospitata” di John Zorn su “Everyday Pox”, una sfida a suon di sax lanciata agli ascoltatori più tradizionalisti, che apre ulteriori spiragli di interesse e imprevedibilità in un’opera che, dietro una coltre innegabilmente heavy, mostra di continuo la volontà di cambiare le carte in tavola, di procedere e ritrattare, di dare meno punti di riferimento possibile, pur rimanenendo sempre saldamente all’interno dei generi musicali per cui i Napalm Death sono da sempre noti. Il risultato è un gran bel disco di metal estremo deviato, l’ennesimo della carriera del gruppo, che, oltre ovviamente a confermare una maturazione ormai ampiamente compiuta, si candida ad essere ricordato e ascoltato per parecchio tempo.