NARGAROTH – Black Metal Ist Krieg

Pubblicato il 11/10/2015 da
voto
8.5
  • Band: NARGAROTH
  • Durata: 01:09:40
  • Disponibile dal: 2001
  • Etichetta:
  • No Colours Records
  • Distributore: Masterpiece
Streaming non ancora disponibile

‘Il black metal è guerra’. Questa è la traduzione dal tedesco del titolo di quello che, ad oggi, resta il disco più significativo di René “Kanwulf” Wagner e dei suoi Nargaroth, e guerra è quello che causò questo disco nel 2001 e negli anni successivi; ultimo di una scuola pura e priva di compromessi per alcuni, ridicolo e ostentatamente privo di idee per altri, “Black Metal Ist Krieg” divide le opinioni come pochi altri dischi (e già questo potrebbe essere un motivo per ascoltarlo), ma togliendo tutte le sovrastrutture, le accuse di plagio e le lodi al reviver dell’underground, cosa resta? Innanzitutto un CD (o vinile) che, come la seconda parte del titolo recita, è un monumento di dedizione, che come tale va inteso: i Nargaroth vogliono celebrare il black metal e, per questo, spingono all’estremo i suoi cliché e le sue idiosincrasie; per questo Kanwulf sembra voler togliere il suo stile (o qualunque altro stile), raschiare tutto ciò che è visibile e lasciare l’essenza stessa di questo genere musicale. Parliamo di un’opera che non approccia in modo egoico o presuntuoso, ma con rabbia e violenza: voler essere l’essenza di un genere non implica, qua, il voler essere meglio di altri (che, infatti, vengono costantemente richiamati in modo a volte esplicito – specie nelle note presenti nel gatefold – a volte sotto forma di citazione). Il disco si apre con un’intro tipicamente old-school black metal (scream esasperato e registrazione in stile rehearsal) che sfocia nel vero primo pezzo, che è anche la title-track. La canzone è dirompente nella sua semplicità: due riff di esplicita ispirazione norvegese (e di altissima qualità), un drumming votato unicamente alla velocità e la ripetizione ossessiva della frase “Black Metal Ist Krieg” (con poche parole differenti inserite ogni tanto) per tutta la durata della canzone. Non sapere nulla di questo disco, trovarsi davanti alla copertina ed a questo inizio può già dividere in due come una scure i fan del genere; sette minuti di black metal oltranzista, violento, crudo e diretto sorretto da un testo che è una dichiarazione. Si procede con uno stile molto differente, pur restando nel minimalismo, con “Far Beyond The Stars”, cover degli Azhubham Haani, cult band svedese che, in un solo anno, registrò diversi nastri. Inizia quindi a diventare più chiaro il senso del ‘monumento’ dei Nargaroth: accompagnare alla loro musica quella di altre band che si sentono affini sia musicalmente che per la dedizione totale all’underground più chiuso e ‘cantinaro’. Arrivano poi i quattordici minuti di “Seven Tears Are Flowing To The River”, pezzo in cui si palesa una fortissima ispirazione al Burzum di “Filosofem”, una perla di depressive black metal, retta da melodie malinconiche e struggenti. Citazione, plagio o semplice somiglianza, poco importa davanti ad un pezzo così ispirato ed evocativo. Segue un’altra cover, questa volta si tratta di “I Burn For You” degli americani Lord Foul (altra band che produsse solo due demo-tape nei primi anni Novanta e che divise molto le opinioni, ma non vogliamo dilungarci troppo). Tutte le cover presenti in questo disco denotano la ricerca spasmodica delle radici più oscure e misconosciute del genere, quasi a voler colmare una distanza causata dall’essere arrivato qualche anno dopo e non poter reclamare il proprio posto tra i fondatori. Delle frasi di un notiziario norvegese (ben note ai seguaci del black metal) introducono “The Day Burzum Killed Mayhem”. E’ evidente quanto il titolo sia sbagliato in molti modi e proprio questo titolo è spesso usato dai detrattori dei Nargaroth per evidenziare superficialità e scarse conoscenze, ma – onestamente – non si può pensare che qualcuno così dedito al genere possa avere dubbi e confusioni su quella che è, probabilmente, una delle vicende più note dell’intera storia della musica metal. Burzum e Mayhem sono trattati come due band, il testo cita un vichingo ed un guerriero della morte e l’intero pezzo cresce attorno non tanto ai fatti, quanto alla morte di un certo tipo di mondo, alle domande del perché ed alla triste accettazione che nulla sarebbe più stato come prima. Ancora una volta Kanwulf vive ciò di cui parla ed il suo lamento non è per delle persone ma per quella musica che così tanto ama. Ancora una cover, dei cechi Root, una band tanto seminale quanto poco conosciuta: “Pisen Pro Satana” è il pezzo scelto per tributare onore a Jirì Walter ed al suo gruppo, un pezzo che non è forse tra i più rappresentativi della band, ma che ha l’evidente scopo di dimostrare come la vecchia scena black metal fosse autoreferenziale e come – consapevolmente o no – le influenze si mescolassero in modo talmente forte da portare un Burzum agli esordi a prendere di sana pianta il main riff di “Pisen Pro Satana” ed utilizzarlo in “War”. Si prosegue con la blasfemia della terza parte di “Amarok – Zorn Des Lammes”, una sorta di lunghissima suite divisa sui primi dischi dei Nargaroth che, qua, vede il suo terzo episodio. Rispetto ai quaranta minuti che ne costituiscono le altre due parti, questa “part 3” è piuttosto differente e sembra più mirata alla coerenza con il disco in cui è inserita che con il concept di cui fa parte; si tratta di un inno blasfemo, ancora una volta crudo e violento, che ribadisce l’approccio dei Nargaroth. E’ poi il turno di “Erik, May You Rape The Angels”, dedicata a Erik “Grim” Brødreskift, batterista di Gorgoroth ed Immortal, e proprio alla musica di questi ultimi è fortemente ispirato il pezzo, che aggiunge, però, alla cupa epicità dei primi lavori di Abbath e Demonaz una forte dose di malinconia che si espande nella memoria di tutti coloro che si sono tolti la vita, come le prime due linee del testo dichiarano chiaramente. Siamo verso la fine: c’è ancora spazio per “The Gates Of Eternity”, cover dei Moonblood che ci richiama gli Azhubham Haani di inizio disco, non solo per il legame tra le due band ma anche perché, come la prima cover del disco seguiva la dichiarazione che il black metal è guerra, questa ci conduce alla fine del disco e cioè “Possessed By Black Fucking Metal”, canzone che, oltre a dichiarare la dedizione al black metal stesso, è un commiato ad un genere che non sarà mai più quello degli inizi, che è stato corrotto e svenduto. Quest’ultimo pezzo è la perfetta conclusione del disco e ci lascia nella mente il suo messaggio in modo chiarissimo… che sia o meno condivisibile, resta a noi deciderlo. Il black metal è un genere musicale o è qualcosa (molto) di più? La domanda di Kanwulf è, ovviamente, retorica e sarebbe semplice cedere al primo istinto di bollare il tutto come la sparata di una sorta di paladino ‘kvlt’ tanto velleitario quanto ridicolo. Poi, però, ci ricordiamo le tante dichiarazioni di Vikernes, di Euronymous, di Dead, di Fenriz, di Abbath e Demonaz, di Faust, di Nodtevit, insomma di tutti coloro che hanno dato origine alla famigerata ‘seconda ondata’ e che, così facendo, hanno anche racchiuso e definito la ‘prima ondata’. Ci vengono in mente le parole di Euronymous che invitava le persone a non fondare altri gruppi black, dicendo ‘non ci servono altre band, ci servono più terroristi’. Parole seguite da omicidi, suicidi, violenze e roghi di chiese. Da una guerra. Perché, per molti, il black metal è guerra.

TRACKLIST

  1. Introduction
  2. Black Metal Ist Krieg
  3. Far Beyond The Stars
  4. Seven Tears Are Flowing To The River
  5. I Burn For You
  6. The Day Burzum Killed Mayhem
  7. Pisen Pro Satana
  8. Amarok - Zorn Des Lammes III
  9. Erik, May You Rape The Angels
  10. The Gates Of Eternity
  11. Possessed By Black Fucking Metal
6 commenti
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