6.5
- Band: NASHWUAH
- Durata: 00:35:10
- Disponibile dal: //2009
Nel circuito hardcore milanese – nascosto al grande pubblico ma fiorente sicuramente per numero di adepti – i Nashwuah sono fra le band più longeve e metal-oriented, essendo nati nel 1996 e proponendo un da loro stessi chiamato hate-core, realmente abrasivo e terremotante, che si rifà direttamente agli Slayer e ai Sepultura nelle rispettive incarnazioni più violente. “Kali Yuga’s Tales” è solo il secondo full autoprodotto dal gruppo lombardo, che come altre realtà dell’underground ha trovato difficoltà ed asperità sul cammino di una carriera per forza condotta a sbalzi, ma la genuinità e la ferocia dei quattro Nashwuah impresse nei solchi di questi trentacinque minuti senza compromessi non mettono assolutamente in dubbio il valore di una formazione che sa come spaccare e come coinvolgere: un drumming devastante e preciso, a tratti segnato da blastbeat velocissimi, supporta alla grande un riffing diretto ed incisivo, che ricalcando schemi noti costringe però il povero ascoltatore a trovarsi quasi obbligato a muovere la testa su e giù. Echi di Madball, Machine Head, Hatebreed e Napalm Death si sentono qua e là durante “Kali Yuga’s Tales”, purtroppo penalizzato da un suono sì pulito ma – rispetto alla media delle produzioni d’oggigiorno – poco potente e ridondante. La maggior parte dei brani, interpretati con la giusta attitudine dal vocalist Roby, presenta strutture rapidissime e massacranti, con quasi regolarmente rallentamenti mosh assassini; le parti di chitarra, oltre ad essere sempre serrate ed impegnative, in alcuni episodi si fanno più tecniche (“Crowns Of Illusions”, ad esempio) e i Nashwuah diventano ancora più interessanti. Esula un po’ dal coro la terminale “Mirror Of The Emptiness”, dove spicca bene l’influenza di gente come Pantera e Crowbar. Un bel lavoro, dunque, per i Nashwuah, pochi spunti originali ma tanto vigore e padronanza dei mezzi. Dopo il disco dei toscani Kiju, ecco un altro album anti-frustrazione e pro-sfogo.