7.0
- Band: NATIONAL SUICIDE
- Durata: 00:33:36
- Disponibile dal: 22/07/2016
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Hanno lasciato trascorrere un lasso di tempo enorme i National Suicide per dare un successore al primo album “The Old Family Is Still Alive”. Era il 2009 e i ragazzi trentini mettevano in luce un piacevole melting pot di thrash, speed ed heavy metal classico, prendendo una direttrice leggermente differente da quella imperante nel sottobosco thrash dell’epoca. Situazione, quella di una standardizzazione sulle coordinate dei grandi della scena tedesca ottantiana, primi Exodus e Testament, non dissimile da quella attuale. E, come avvenuto sette anni orsono, anche “Anotheround” non diventerà il platter thrash dell’anno, ma andrà a elevarsi sul caos indistinto di compagini sempliciotte oggi in circolazione. Pur non mettendo in fila idee sconvolgenti, una scrittura miracolosa o doti tecniche sbalorditive, i National Suicide fanno brillare i loro pezzi di un’ariosità e un’adrenalina sconosciute a una buona fetta dei loro colleghi. Accanto a una sezione ritmica metodica ma piuttosto quadrata, si mettono in luce le due asce e il cantato alla Bobby “Blitz” Ellsworth di Stefano Mini, stridulo emulo dell’immarcescibile singer degli Overkill. Per quanto riguarda le chitarre, queste spaziano con intelligenza da riff secchi di matrice power/thrash americana ad altri più ruspanti, richiamanti da vicino gli Exciter dei primi album, diluiti costantemente da abbondanti iniezioni di classic metal. L’emersione del caro vecchio metallo inglese influisce positivamente sulle soliste, anche gli Iron Maiden più lontani nel tempo contribuiscono a delineare il suono di “Anotheround”, disco che scorre frizzante senza impastarsi in accelerazioni fini a se stesse, aperture melodiche facilmente preventivabili, oppure tempi mosh messi lì solo per far scapocciare un po’. Questi espedienti ‘di maniera’ non vanno a inquinare una “I Refuse To Cry” o “Nobody’s Coming”, che suonano snelle, taglienti, ficcanti, speziante ognuna di qualche piccolo filler che le fa restare in testa. Vuole un discorso a parte il range vocale di Mini, per molti fattore di disturbo probabilmente, perché non abbandona per un istante linee iper-acute e squillanti. Per chi scrive queste rinfocolano il carattere esagerato e sfrenato del miglior speed metal, musica per sua natura eccessiva e quasi nauseante nella ricerca del limite di sopportazione dell’ascoltatore: se come il sottoscritto avete per essa un alto gradimento, va tutto bene, altrimenti il rischio tedio è forte. Non emerge una hit in “Anotheround”, l’album incendia i bassi istinti in poco più di mezz’ora utilizzando un numero contenuto di armi nella dovuta maniera, assestando colpi dolorosi nonostante non si cavalchino mai chissà quale spunto d’ingegno. Sia chiaro, non vi stiamo presentando un ascolto ‘buy-or-die’, ma se siete thrasher in astinenza di ascolti facili e corroboranti, la nuova uscita marchiata National Suicide ha proprio il compito di colmare questo vuoto.