8.0
- Band: NE OBLIVISCARIS
- Durata: 00:51:53
- Disponibile dal: 24/03/2023
- Etichetta:
- Season Of Mist
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Ci erano effettivamente mancati, i Ne Obliviscaris, in questo lungo periodo di assenza dalle scene. La band australiana, da qualsiasi aspetto la si osservi e valuti, non riesce a lasciare indifferenti, in quanto la sua maestria tecnica e compositiva è molto superiore alla media, così come i significati intrisi all’interno della propria proposta, quell’arzigogolato progressive extreme metal melodico che dall’ormai lontano 2012 ci delizia i padiglioni auricolari ogni tot anni.
La storia recente dei ragazzi di Melbourne, a cui da qualche tempo si è unito in pianta stabile il bassista italianissimo Martino Garattoni (Ancient Bards), non è diversa da quella di molte altre formazioni del pianeta: con un disco praticamente composto, nel marzo 2020 l’allora batterista Dan Presland entrò in studio di registrazione per sigillare su traccia le proprie parti; pochi giorni dopo, tutto il mondo si serrò in casa colpito dall’attacco pandemico, e quindi i lavori si fermarono di colpo, con Garattoni ed il chitarrista francese Benjamin Baret costretti a rimanere nei propri paesi a tempo indefinito. Per cui la genesi di “Exul”, quarto capitolo della carriera dei Ne Obliviscaris, è stata decisamente lunga, incerta ed accidentata, e la stessa band ammette di essere stata sull’orlo dello scioglimento. Per fortuna loro – e nostra! – la pausa forzata ha anche portato delle positività, dando modo di rifinire fino al dettaglio più minuscolo le composizioni del nuovo album, che finalmente riesce a vedere la luce tre anni dopo esser stato iniziato a registrare.
“Exul” è innanzitutto un platter che sbaraglia, sotto il profilo dell’abilità scrittoria e della cura dei dettagli, la concorrenza di qualsivoglia disco in uscita di recente. Ne Obliviscaris fino al midollo, presenta un’eccezionale amalgama e un’unione perfetta tra la visione d’insieme, ovvero l’interezza dell’offerta strumentale e vocale, e l’esecuzione individuale, che è semplicemente assurda. L’album è ovviamente difficile da assimilare: non tanto per la lunghezza dei brani – a quella ci si fa l’orecchio in fretta e non deve spaventare – bensì per la quantità di passaggi da ascoltare e poter apprezzare. La voce di Tim Charles, il suo violino e quello della (avendo lo stesso cognome, immaginiamo sia la) sorella Emma, ospite in tre brani su sei, ed il basso di Garattoni sono solo i tre elementi che più spiccano durante i primi ascolti. Non per essere troppo nazionalistici, ma occorrono almeno tre-quattro fruizioni per rendersi bene conto di quanto le linee e gli assoli di basso del nostro Martino siano preponderanti, ovunque, in “Exul”; è un piacere immergersi fra le sue intricate trame, ed è fantastico constatare come si riesca a dare la giusta importanza ed il giusto spazio, in fase di produzione e mixaggio, ad uno strumento così fondamentale.
E se da una parte troviamo quasi un dimesso Xenoyr a tiranneggiare aggressivo nelle sezioni più estreme con il growl, è ancora una volta Tim Charles a crescere esponenzialmente rispetto alla precedente release: le sue melodie vocali sono sempre curatissime, dolci, epiche, docili, potenti, tutto quanto quando serve e come serve, tutto quanto al posto giusto. Voce e basso, e aggiungiamoci il violino sempre più protagonista nelle strutture Ne Obliviscaris, mettono in secondo piano le parti chitarristiche di Baret e Matt Klavins, come anche il drumming, peraltro incredibile, di Presland, che, lo ricordiamo, ha lasciato il gruppo ad inizio 2022.
Scritto della prova dei singoli – esageriamo usando anche l’aggettivo ‘allucinante’, che troviamo particolarmente azzeccato – ci tocca specificare come “Exul” si posizioni appena sotto il debutto di undici anni fa, “Portal Of I”. I seguenti “Citadel” ed “Urn”, pur contenendo materiale ottimo, non erano stati in grado, e non lo sono tuttora, di valicare l’asticella posta in altissimo dal magnifico esordio succitato, che ridefinì, in modo simile a quanto fecero “Skydancer” dei Dark Tranquillity nel 1993, “Dreaming Ice” dei Miscreant nel 1994 e “Orchid” degli Opeth nel 1995 il concetto di progressive extreme metal.
Con “Exul” i Ne Obliviscaris settano nuovi limiti di perfezione e, seppure non arrivino allo stesso mood poetico e astrattamente romantico di “Portal Of I”, ne ricalcano le pretenziosità, gli azzardi e le sperimentazioni in modo ancora una volta più maturo e, sottolineiamolo, pienamente ispirato. Forse era mancato proprio un filo di verace ispirazione a “Citadel” ed “Urn”, un calo di stimolazione esterna, magari dovuta a fattori non dipendenti dal gruppo: la possibilità di auto-sfidarsi andando spesso a ri-arrangiare le canzoni già pronte tempo addietro ha permesso agli australiani di superarsi e non lasciare niente di inespresso o migliorabile.
Difficile, comunque, raggiungere il massimo dei voti per una formazione come i NeO, in quanto lo stesso loro stile concede sempre, almeno in due-tre momenti di ogni disco, degli attimi di stanca e/o di troppo rilassamento, si voglia perchè i Nostri in tale sezione scelgono soluzioni di dura assimilazione, si voglia perchè magari si è di fronte a sequenze transitorie che traghettano da una parte all’altra del pezzo. Ecco, questa sensazione pare non permanere molto in “Exul”, dove tutto il materiale composto prende forma e sostanza dopo (relativamente) contenuti ascolti. Rifinito in maniera encomiabile, del resto.
Escluso l’episodio di chiusura, “Anhedonia”, una composizione straniante e raffinata che mescola un lugubre ma dolce pianoforte, il violino distorto di Tim e i suoi mirabili gorgheggi senza testo, le restanti cinque tracce presentano somiglianze in struttura e fantasia, ma ben definite caratteristiche nell’esito finale: il singolo e opener “Equus”, con i suoi dodici minuti e mezzo di durata, eleva immediatamente in qualità sopraffine tutto il lavoro, subito seguito dalla suite “Misericorde”, divisa in due parti e assolutamente vincente nei suoi operistici e spericolati saliscendi. Si cala solo leggermente – forse meno di una semplice impressione individuale – con “Suspyre”, mentre si ritorna a volare altissimi con la splendida “Graal”, brano completo ed efficace in ognuna delle sue molteplici facce. Basti sentire cosa succede tra i minuti 2.25 e 3.12 (il rincorrersi di chitarre e basso vale da solo il prezzo del disco!) per farsi cascare per terra la mandibola.
L’artwork di “Exul” è ancora una volta ad opera di Xenoyr e ci sembra bellissimo come sempre, mentre i testi permangono su quella linea epico-favolistica e criptico-allegorica che il nerocrinito cantante ha già dimostrato di saper manovrare ampiamente e senza aver paura di mostrarsi nonsense.
Un lavoro dunque che proietta di nuovo i Ne Obliviscaris all’attenzione di tutti, permettendo loro di festeggiare degnamente i venti anni di esistenza. Se siete già loro fan, non abbiate nessun tentennamento nel recuperare questa perla lavorata dall’oceano; se siete ancora all’oscuro della loro esistenza, mettetevi il cuore in pace, il tempo perso si può recuperare con poco sforzo!