7.5
- Band: NEAERA
- Durata: 00:42:41
- Disponibile dal: 21/03/2005
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Il sottoscritto è il primo ad essersi ampiamente stancato di questa moda del metalcore, che come ogni trend che si rispetti è stata in grado negli ultimi tempi di saturare il mercato con una miriade di uscite una più mediocre dell’altra, spesso sterili copie delle opere dei prime mover Killswitch Engage, Shadows Fall, etc. I tedeschi Neaera sono certamente una delle tante band che in qualche modo sta beneficiando dell’esplosione commerciale di simili act: stiamo infatti parlando di un gruppo giovanissimo (i più anziani hanno ventidue anni) in attività solamente dall’estate del 2003 che è riuscito poco meno di un anno dopo, con l’aiuto di un solo demo, a rimediare un contratto con la Metal Blade. Se il metalcore non fosse stato così tanto in auge una label importante come quella in questione difficilmente avrebbe dato immediata fiducia a dei novellini, anche se è vero che ascoltando “The Rising Tide Of Oblivion” almeno un pochino si rimane sorpresi. Bisogna infatti riconoscere che i Neaera, sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello del songwriting, sono ben al di sopra dell’attuale media e che i loro pezzi non hanno proprio nulla che non vada. Moda o non moda, questo gruppo ha quindi qualche cosa da dire e a conti fatti può nel complesso essere considerato meritevole di una tale opportunità (a differenza dei label mate Winter Solstice). Prodotto in maniera eccellente da Andy Classen (Disbelief, Dew-Scented, Holy Moses), “The Rising Tide Of Oblivion” ci offre tredici brani di sofferente death-metalcore ultima generazione, influenzato pesantemente dalla scena melodic death svedese ma appesantito da grosse porzioni di puro death e thrash metal che chiamano in causa nomi come Amon Amarth e Kreator, una cosa, questa, che fa in modo di avvicinare la proposta dei nostri più a quella dei connazionali Heaven Shall Burn che a quella di Unearth e Killswitch Engage. C’è quindi atmosfera ma anche tanta rudezza metal nei pezzi dei Neaera: i nostri sanno essere molto melodici (ma grazie al cielo ci risparmiano le chitarre sdoppiate Maiden-style) ma anche veramente cattivi, tirando fuori sovente dei riff ultra brutali davvero memorabili. In questo senso il cantato non è, come invece spesso accade di recente, perennemente giostrato tra screaming e clean vocals: essendo il sound tutto sommato aggressivo e ben poco “fighetto” queste ultime fanno una fugace comparsa solo in un paio di song. Venendo ai brani migliori, questi sono quasi tutti contenuti nella prima parte della tracklist (“The World Devourers”, “Anthem Of Despair”, “Where Submission Reigns”, “…To Oblivion”) ma meritano una menzione anche la drammatica “Save The Drowning Child” e la conclusiva “The Last Silence”, una canzone acustica nella quale sono rintracciabili dei riuscitissimi inserti d’archi. L’originalità complessivamente non è tantissima però in questo periodo chi scrive non fa affatto fatica a sorvolare su questo aspetto, soprattutto perché era da tempo che non si aveva modo di ascoltare un lotto di brani tanto competitivo in questo genere. I cugini Heaven Shall Burn e il loro già leggendario capolavoro “Whatever It May Take” sono ancora (e probabilmente rimarranno sempre) su un altro pianeta ma “The Rising Tide Of Oblivion” è proprio un gran bel disco e può senz’altro essere definito uno dei lavori più ispirati partoriti ultimamente dalla scena teutonica.