NEAL MORSE – Sola Scriptura

Pubblicato il 28/03/2007 da
voto
6.0
  • Band: NEAL MORSE
  • Durata: 01:15:57
  • Disponibile dal: 26/02/2007
  • Etichetta:
  • Inside Out
  • Distributore: Audioglobe

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Con una regolarità che ha dell’incredibile, ecco arrivare il nuovo capitolo solista di Neal Morse, grandissimo e prolifico artista salito al successo con la band da lui stesso fondata, gli Spock’s Beard, e che ora solo soletto si cimenta nell’arduo compito di indottrinare noi poveri peccatori al ‘verbo’ di Dio. Sì, in occasione della sua uscita dalla band madre, avvenuta nel lontano 2002, l’artista di Nashville ha avuto una vera e propria vocazione, così forte da renderlo un grandissimo (e talvolta insopportabile) ‘baciapile’. Ma veniamo al presente: “Sola Scriptura”, come sembra ingenuamente suggerire il titolo, è una mezza ‘sòla’, e non sapete quanto per il sottoscritto sia dolorosa tale constatazione. Il problema principale, che al quarto album comincia ad essere molto preoccupante, è il fatto che tutto qui è già sentito. Per chi come il sottoscritto conosce a menadito ogni singolo album di Neal Morse, è davvero troppo facile prevedere quale passaggio verrà dopo e come verranno gestitle le linee vocali. Sarebbe lecito a questo punto aspettarsi anche una sola scintilla di novità, ma forse per fare questo servirebbe coraggio, e probabilmente Neal, con famiglia e figli sul groppone, non se la sente di prendere rischi. Quindi via col progressive rock melodico di sempre, figlio di Gentle Giant (nei contrappunti vocali di “The Door”), ovviamente Spock’s Beard, Genesis e Yes. E visto che squadra che vince non si cambia, ecco aggiungersi alla line-up il bravo Randy George al basso e l’onnipresente e sempre strepitoso Mike Portnoy (Dream Theater), scagnozzi di Morse ormai da qualche album, a cui si aggiunge il guitar hero Paul Gilbert, abilissimo nell’eseguire il compito senza troppe storie. Diamo un’occhiata alla tracklist, e già ci accorgiamo di quanto questo “Sola Scriptura” sia un lavoro per hardcore fan del progressive rock: quattro pezzi, per una durata complessiva di un’ora e sedici minuti! Due pezzi di quasi mezz’ora, la consueta ballad ed il conclusivo pezzo con le solite enfatiche parti orchestrali poste in chiusura dell’album, tutto sulla falsa riga di “Bridge Across Forever” dei TransAtlantic per intenderci, progetto mangiasoldi dalle buone doti artistiche, formato da Morse, Portnoy, Trewavas e Stolt, più indirizzato su sonorità beatlesiane. Ma a differenza del succitato lavoro, che bene o male riusciva a lasciare qualche appiglio, in questo caso è davvero difficile sentire l’album tutto d’un fiato. Non c’è una melodia che sia davvero coinvolgente, ed i passaggi contrappuntati sono ormai abusati da Morse, che ha già dato il massimo sulla fantastica “Thoughts (Part II)” presente sul capolavoro “V” dei ‘suoi’ Spock’s Beard. Il resto è tanta forma, tanto esercizio, e poco cuore. Pezzi sicuramente buoni ma che non lasciano nulla. Una vera delusione per chi lo segue da così tanto tempo. Forse è il caso di concentrarsi più sulla musica, e di lasciare da parte quelle tediose tematiche fanatico-religiose. Dimenticavamo: a nessuno interessa sapere che l’album è incentrato sulla figura di Martin Lutero, vero?

TRACKLIST

  1. The Door
  2. The Conflict
  3. Heaven In My Heart
  4. The Conclusion
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