7.0
- Band: NECROART
- Durata: 00:47:43
- Disponibile dal: 03/10/2005
- Etichetta:
- Officina Rock
- Distributore: Masterpiece
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Giungono all’opera discografica prima, dopo sei anni di gavetta e pubblicazioni minori, anche i bravi Necroart, sestetto nostrano che propone un pot-pourri musicale abbastanza interessante, forse poco originale e splendente di luce propria, ma certamente ispirato e molto piacevole. L’etichetta Officina Rock presenta il gruppo come melodic death metal band, segnalando, come principali influenze dei Necroart, Dark Tranquillity, My Dying Bride e Opeth: ora, d’accordo nel constatare che qualche elemento delle suddette formazioni è presente all’interno di “The Opium Visions”, ma da qui a far passare per death melodico una musica eclettica, piena zeppa di spunti, lambente sponde gothic, symphonic, black e prog, ce ne vuole davvero! La formazione italiana, come già detto, ad un attento esame del songwriting, non brilla in modo accecante per personalità, in quanto le ombre di Novembre e Dark Lunacy si allungano minacciose sull’estro dei Necroart, non per questo rendendo scialba la proposta della band qui presa in considerazione. Per restare in territorio tricolore, visto che il suono di Davide Zampa & company è pregno di essenza patriottica, sprazzi di elegante gothic tastieroso ricordano gli Inner Shrine e i Macbeth, alcune melodie ancestrali e malinconiche rammentano la poesia dei Crown Of Autumn e dei Magnifiqat, mentre addirittura alcuni interventi di folk “tarantellato” permettono agli Inchiuvatu di presenziare al banchetto degli invitati. Ma – attenzione – questa sequela di nomi non deve ingannare: i brani dei Necroart sono pienamente convincenti, ben suonati e ben concepiti: la tecnica è innegabile, così come la fantasia e la capacità nell’alternare soluzioni e sensazioni diverse all’interno di un unico brano. Certo è che “Le Fleur Noir”, a partire dal titolo, potrebbe essere tranquillamente scambiato per un brano dei Novembre, tanto i Necroart ne ricalcano lo stile e le atmosfere. Diverso ma simile il discorso per “Pandemonic Opium Night” e “A Visionary’s Trip”, due cavalcate appassionanti di death-black sinfonico molto dirette. Qualche perplessità la desta l’uso della voce recitata che il singer Massimo Finotello adotta durante “Capricorn Years” e “Lullabye”, un pochino claudicanti, nonostante gli arrangiamenti siano superbi, come del resto in ogni traccia. Azzeccate praticamente in ogni dove le tastiere di Davide Quaroni, ottimo supporto alle chitarre cangianti di Zampa e Filippo Galbusera. “The Opium Visions”, quindi, è un lavoro meritorio di ampissima sufficienza, partorito da una band capace di scrivere buona musica e di ammantarla di violenta e fascinosa melodia. Ma lasciateci sperare, per i Necroart, in un’ulteriore crescita compositiva, giusto per levarsi bene di dosso quel vago sapore di già sentito che si odora nelle pur belle otto “visioni d’oppio”. Potenziale da sfruttare appieno.