7.5
- Band: NECRODEATH
- Durata: 00:38:37
- Disponibile dal: 17/01/2024
- Etichetta:
- Time To Kill Records
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“Arimo!”: fermi tutti, time-out, prendiamoci una pausa. Per chi risiede nel nord Italia, e non è più così giovincello, il significato di questo termine è quasi scontato: l’invito perentorio ad interrompere il gioco, utile a fare il punto della situazione, era un grande classico, soprattutto quando le cose stavano per prendere una direzione confusa e poco lineare.
Questa volta però la questione è più che chiara e decisa: dopo quarant’anni di onorata carriera, sventolando a dovere il bandierone della musica estrema tricolore, i Necrodeath hanno deciso di chiudere definitivamente i battenti. Era il 1985 quando Peso, Claudio, Ingo e Paul avevano reso più infernale la forma dei precedenti Ghostrider, dando appunto vita ai Necrodeath, autori di quel primo demo “The Shining Pentagram” apripista del successivo e sontuoso debutto firmato “Into The Macabre”. Un primo tassello che dava libero sfogo alla violenza sonora della band genovese la quale, seguendo gli strali velenosi lanciati da tali Slayer, increspando di rabbia la pesantezza incendiaria di Sodom e Kreator, iniziò a percorrere una strada di un black metal (poi divenuto blackened-thrash) ruvido e forsennato che li ha portati, pur con qualche intoppo a livello di continuità, a spegnere quaranta candeline, facendo quindi calare il sipario su una carriera dove la parola d’ordine è sempre stata una ed una soltanto: onestà.
Ed anche in quest’ultimo lavoro, “Arimortis”, in quella che è a tutti gli effetti una celebrazione di coloro che hanno terminato una guerra (dal latino ‘arae mortis’, gli altari della morte), i Necrodeath ci offrono una perfetta sintesi di ciò che sono stati in questi quattro decenni di musica estrema, senza snaturare il proprio trademark, portando su disco l’essenza di un gruppo che ha fatto la storia della scena metal italiana, racchiudendo in nove brani tutte le caratteristiche riversate nei precedenti tredici album.
Con Peso sempre al posto di comando, Flegias dietro al microfono, Pier Gonnella a sibilare riff e GL al basso, la band ligure omaggia il passato, con la riproposizione di “Necrosadist” e la potenziale continuazione di “Metempsychosis”, inserendo elementi più cupi e sperimentali (“No More Regrets”) avvicinandosi così ad album meno fortunati, o semplicemente meno capiti, come “Draculea”.
Non mancano – e meno male! – pezzi di puro e crudo thrash metal: l’opener “Storytellers of Lies” (dedicata al mondo del music business) e la conclusiva “Hangover” (con tanto di rigetto sul finale) si posizionano, guarda caso, all’inizio e alla fine del disco, certificando la natura primordiale dei Necrodeath i quali, con “New God” (un attacco personale alla temibile ed ormai onnipresente AI) ed “Alien” vanno invece a toccare le corde musicali più recenti, presenti in lavori quali “Singin’ In The Pain”.
Il tutto, come detto, senza grosse sorprese e colpi di scena: un addio semplice e diretto, come lo sono sempre stati. Ringraziare Peso e compagni ci sembra più che doveroso, ma crediamo che il modo migliore per rendere loro omaggio sarà quello di presenziare ai prossimi eventi live previsti per i prossimi mesi, così da poter assaporare ancora una volta le lame affilate dell’estremo made in Italy.