7.0
- Band: NECROMASS
- Durata: 00:42:55
- Disponibile dal: 20/07/2013
- Etichetta:
- Funeral Industries
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Davvero difficile giudicare il ritorno di una band di culto per la scena black metal italiana come i fiorentini Necromass dopo più di un decennio di assoluto silenzio. Quasi o tutto è cambiato nell’ambiente che i Necromass avevano conosciuto e nel quale erano stati protagonisti, tanto è cambiato anche nel songwriting della band. E non poteva essere diversamente dopo tutto questo tempo. Davvero difficile non soccombere al mutare delle stagioni, pochissimi infatti sono i gruppi che dopo uno stop di molti anni sono tornati a suonare allo stesso modo. Ma cambiare non vuol dire per forza di cosa suonare peggio che in passato: alcuni potrebbero trovare il nuovo “Calix. Utero. Babalon” l’album migliore dei Necromass. Iniziamo dalla produzione, molto pulita e dai suoni taglienti, ma attenzione ad addossare la colpa alla scelta fatta in studio di registrazione se il sound dei Necromass non è più quello di un tempo. Il cambiamento, invece, è dovuto allo stile scelto dalla band per questa nuova release: i Necromass del 2013 convincono perché il loro nuovo album è monolitico, violento ed abrasivo, ma anche molto melodico e forse alcuni di voi lo troveranno sin troppo melodico. Quello che colpisce della nuova release è la perdita dell’atmosfera occulta che la band aveva sempre avuto in passato ed i brevi intermezzi atmosferici inseriti nella release non aggiungono assolutamente niente al pathos. Il sound dei Necromass è molto ‘swedish’ e si possono facilmente tirare in ballo innumerevoli band, a cominciare dai Dissection, ma ciò non toglie che la band sia stata in grado di scrivere ottimi brani, da “Scarlet Void Of Lust” alla bellissima “The Bornless One”, il miglior pezzo della release. Il successo del ritorno dei Necromass dipenderà da se i vecchi fan accetteranno o meno l’uso massiccio delle melodie tipiche del sound swedish black/death metal. Per chi si avvicinerà per la prima volta a questa band non sarà difficile apprezzare tutte le qualità contenute su “Calix. Utero. Babalon”. L’album sarebbe stato perfetto, se solo fossero state preservate le soffocanti atmosfere occulte del passato.