7.5
- Band: NECROTUM
- Durata: 00:36:06
- Disponibile dal: 22/01/2024
- Etichetta:
- Memento Mori
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Sono una formazione decisamente barbara e ‘di sostanza’, i Necrotum, eppure – ascoltando il materiale rilasciato in sordina negli ultimi cinque anni – è impossibile non rendersi conto di come il loro nucleo sia alimentato da uno spiccatissimo desiderio di affinarsi e di mettersi alla prova sul piano tecnico e compositivo; una tensione inconscia, quasi febbricitante, che da pubblicazioni all’insegna di un death metal ribassato e percussivo posto al crocevia fra Grave, Incantation e Rottrevore ha spinto inesorabilmente il terzetto rumeno verso un suono che fa dell’ingegno e dell’accumulo di riff i propri capisaldi, accostandosi nel mentre a punti di riferimento non poi così scontati o diffusi oggigiorno.
Mantenute intatte la pesantezza e la visceralità delle puntate precedenti, complice una produzione azzeccatissima che esalta l’incedere a mo’ di caterpillar delle chitarre, questo nuovo full-length edito da Memento Mori si ricollega infatti a quel mix di andamenti frastagliati, bassi istinti e tecnicismi spastici reso celebre da opere come “The Bleeding”, “Millennium”, “Trading Pieces” e “Loathing”, in un flusso il cui primo pregio è sicuramente quello di scorrere in maniera imprevedibile in direzione dell’annientamento.
Death metal brutale come si era soliti concepirlo e suonarlo una volta, quindi, ora intento a penetrare in cunicoli tortuosi e spesso ritorti su loro stessi, ora a calcare la mano sull’elemento groove per poi abbandonarsi all’ignoranza e alla linearità, in una tracklist di nove episodi (inclusa una bella cover di “As I Behold I Despise” dei Demigod) che, nel suo essere frutto di una visione artistica derivativa, conta comunque su un’ispirazione ragguardevole.
Qui non si vuole reinventare la ruota, né tantomeno portare il genere alla scalata di nuove vette: piuttosto, facendo leva su un dialogo costante tra chitarre e basso – con quest’ultimo protagonista di evoluzioni anche molto ardite – i Necrotum confezionano una serie di brani accattivanti che invitano al replay per assaporarne al meglio i cambi di tempo, i giochi ritmici e tonali, il susseguirsi di contrazioni/distensioni nervose, dimostrando puntualmente grande inventiva e conoscenza della materia trattata.
Una proposta che, volendo fare un confronto più moderno, potremmo mettere sullo stesso piano di quella degli Hyperdontia, in virtù di un affastellamento di riff tanto corposo e massiccio quanto ‘orecchiabile’ e funzionale alla forma canzone, e che in ultimo non manca di regalare qualche piccola sorpresa (si sentano gli arpeggi destabilizzanti di “Noxious Breed”).
Probabilmente, uscisse per un’etichetta più ‘cool’ come la Dark Descent o la 20 Buck Spin, “Defleshed Exhumation” farebbe molto più parlare di sé all’interno del circuito underground death metal, ecco perché l’invito è di non fermarsi all’hype e di concedere alla band della Transilvania l’opportunità che merita: da “Warped in Entrails” a “Ghastly Metropolis” (ottimi anche i titoli!), doti tecniche, inventiva e vero amore per il genere vanno praticamente sempre a braccetto.