6.5
- Band: NEGURA BUNGET
- Durata: 00:50:32
- Disponibile dal: 27/02/2015
- Etichetta:
- Lupus Lounge
- Distributore: Audioglobe
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Dopo i dissapori che hanno visto Negru schierato “contro” Sol Faur e Hupogrammos, erano in molti ad aspettare il come-back dei Negura Bunget, anche se, va detto, quando due terzi di una band se ne chiamano fuori (e quello che resta, per giunta, è il batterista), forse il nome avrebbe dovuto essere messo “in pausa”. Così hanno fatto i due ex-chitarristi, presentandosi come Dordeduh; Negru, invece, ha preferito mantenere onore ed onere di un monicker blasonato, presentandosi con un progetto alquanto ambizioso: una trilogia, di cui Tău è il primo capitolo, sulla Transilvania. Dopo tale doverosa introduzione, arriviamo subito a dire che questo disco è molto meglio di come ci saremmo aspettati ma non è da intendersi come il ritorno dei black metaller rumeni, a cinque anni dal loro ultimo full-length. La genialità sperimentale di lavori come “Om” è solo un ricordo, mentre la componente folk è molto più presente; non aspettatevi, però, il classico dischetto trito e ritrito di black/folk: la parte legata alla tradizione transilvana vive negli strumenti più che nelle melodie e, per molte cose, quello che ascoltiamo è decisamente più vicino al death che al black. Ci sono degli ottimi spunti, come la complessa “Izbucu Galbenei” e delle pretenziose banalità (“La Hotaru Cu Cinci Culmi”); a volte, invece, è tutto piuttosto confuso, come in “Curgerea Muntelui”, dove la band mescola ciò che era il “vecchio” sound dei Negura Bunget, sperimentale e progressivo, ad aspirazioni più “nuove”, ma – forse – meno geniali. A dire il vero questo “Tău” lascia un’impressione di lavoro “in potenza”, nel senso di musica che fa intendere un potenziale ma fatica ad esprimerlo appieno. Come abbiamo detto ci sono delle vette (anche se meno di cinque, per citare il titolo di uno dei pezzi del disco): “Tărîm Vîlhovnicesc”, grazie anche alla suggestione delle guest vocal di Sakis dei Rotting Christ, si rivela un pezzo istrionico, potente ed in grado di cambiare “pelle” in continuazione, spiazzando e colpendo con sonorità che ricordano i migliori Arcturus, senza cedere a facili sensazionalismi. Stesso discorso vale per “Împodobeala Timpului” che arriva, addirittura, a sconfinare palesemente nella musica balcanica e che mantiene un corpo duro e massiccio, grazie anche all’altra guest appearance del disco (niente meno che Blasphemer alla chitarra). In definitiva Negru ha deciso di mantenere una parte del sound dei Negura Bunget ed in parte si è spinto oltre, estremizzando alcuni aspetti; quello che potrebbe uscire è interessante, anche se ancora lontano dai picchi raggiunti dai primi cinque strepitosi full della band rumena. Sono state spese molte parole sulla separazione dei fondatori della band e su alcune scelte intraprese, ma in questa sede vogliamo solo giudicare un disco sicuramente ambizioso che raggiunge solo in parte quanto si prefigge. Staremo a vedere se il tempo darà ragione a questo nuovo corso dei Negura Bunget o piuttosto premierà i Dordeduh di Hupogrammos e Sol Faur.