8.0
- Band: NEL BUIO
- Durata: 00:22:52
- Disponibile dal: 21/06/2024
- Etichetta:
- Avantgarde Music
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Partenza col botto per il nuovissimo progetto lombardo-emiliano capitanato da Clod “the Ripper” De Rosa, veterano della scena death metal meneghina e tatuatore apprezzato a livello internazionale, che ha deciso di mettere da parte (non del tutto però, come vedremo) il death metal più brutale e tecnico per dare forma ad un ibrido descritto come ‘pure Italian blackwave’.
Il cantante e bassista ha coinvolto Francesco ‘Vellacifer’ Vella, con lui nei Blasphemer, e Neil Grotti, rispettivamente alla batteria e chitarre: i due musicisti fanno entrambi parte di diverse formazioni bolognesi, tra le quali Neurasthenia ed Electrocution, nomi ormai storici dell’underground felsineo, con un suono che si muove tra thrash e death.
Ci troviamo perciò davanti a musicisti esperti, ma con una formazione ed un curriculum discografico che racconta altro rispetto allo stile di questo mini album, fatto insolito ma sicuramente stimolante.
Diciamo subito che le influenze death metal non abbandonano mai completamente le composizioni, ma si intrecciano al black metal a creare un mix nerissimo e spesso brutale, nelle cui crepe si inseriscono suggestioni dark, tra tocchi di elettronica, giri semi-acustici e ritmiche ‘danzerecce’.
Dietro a “Nel Buio” c’è un concept preciso, espresso prima di tutto attraverso i titoli delle canzoni (formulati in italiano, mentre i testi sono quasi interamente in inglese) che formano la frase ‘Lei è sola nel buio. In silenzio… mi avvelena’: il riferimento è all’influenza nefasta che le grandi città – e in particolare le loro periferie – hanno sulla vita delle persone.
Se queste tematiche non sono certo nuove al depressive black (citiamo solo, giusto per rimanere ‘in casa’ i parmensi Mother Augusta) è interessante il fatto che Clod De Rosa abbia scelto di rappresentare un punto di vista femminile, con l’intento di dare voce a chi è molto spesso – secondo l’immaginario tipico del death metal più efferato – una semplice vittima di orrori e nefandezze compiute da serial killer e maniaci vari.
È un racconto cupo, opprimente, di isolamento ed inquietudine urbana, ripreso visivamente dalla copertina – che mostra un complesso edile in stile brutalista in rovina – e dal logo, che ingloba la silhouette di una ragazza, avviluppata da lunghe radici velenose, che infettano e anneriscono ciò che toccano (come in un film horror).
Tornando alla musica, il terzetto di muove – come già detto – in un territorio ibrido, nel senso più positivo del termine: il proverbiale effetto ‘né carne né pesce’ è scongiurato abilmente grazie ad una manciata di brani ben scritti, che risultano convincenti già dal primo ascolto.
Il primo ‘singolo’ reso disponibile in anteprima – “Sola” – è il pezzo più orecchiabile e anche quello che ci piace leggermente meno, ma dimostra in ogni caso che i ragazzi sanno trattare con cura la materia. Clod si conferma abile tanto nel growl quanto nel cantato pulito ma urlato, che declina in senso hardcore (questo è l’unico elemento di questo progetto che abbiamo accolto con diffidenza, ma che alla lunga risulta comunque ben integrato con il resto della proposta).
Più pesante e compleso si rivela il secondo estratto – “Nel Buio” – costruito su un riffing indiavolato, ma le nostre canzoni preferite sono “In Silenzio…” e “Mi Avvelena”: entrambe danno vita a melodie belle, profonde e tristissime; la prima, più strettamente orientata al black metal, ha un feeling di epica oscurità, mentre la seconda incorpora elementi doom rock con un incedere che ci ha riportato ai Katatonia del magico periodo di fine anni ‘90, nella sua ossessiva semplicità.
Abbiamo lasciato fuori solo “Lei È”, breve intro strumentale elettronica che riprende le tonalità notturne, suadenti quanto inquietanti, della dark wave anni ‘80 di Sisters Of Mercy e Fields Of The Nephilim, recentemente rivitalizzate da gente come She Past Away e Twin Tribes. Queste sonorità hanno spesso flirtato con il metal, in particolare estremo – declinate in maniera diversa – pensiamo a Paradise Lost, Tiamat, Type O Negative, Moonspell, ma anche al depressive di Lifelover, Hypothermia e Nocturnal Depression, e trovano in questo dischetto una nuova chiave di lettura ed interpretazione.
In definitiva, l’unico difetto di quest’uscita, che appare ispirata e ricca di particolari che si scorgono col passare degli ascolti come di una certa intensità emotiva, è la durata molto esigua del disco, ma sarebbe assurdo penalizzare il lavoro per questo. Godiamoci questa manciata di brani, in attesa dell’uscita di un full-length, che contiamo non essere troppo lontana.