6.0
- Band: NEMESIS INFERI
- Durata: 00:40:22
- Disponibile dal: 19/01/2018
- Etichetta:
- Fuel Records
- Distributore: Self
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Tornano in pista a tre anni di distanza dall’ultimo “Natural Selection”, i bergamaschi Nemesis Inferi. E lo fanno con le stesse armi utilizzate nel sopracitato full-length: groove, groove e ancora groove. E’ questa ormai la chiave di lettura adottata dal quartetto lombardo dopo aver definitivamente abbandonato le radici symphonic-black che avevano bollato i primi due album prodotti. E allora, ecco che anche nel qui presente “A Bad Mess”, edito dalla Fuel Records, si respirano grinta, sudore e potenza a cui si aggancia quel tocco di melodia utile a personalizzare gli otto brani che vanno a costituire l’intera tracklist. I nostri ci danno dentro sin dalle prime note di “Never On Your Mouth” in cui le chitarre di G.M.Gain e Fazz entrano con prepotenza a sferzare la graniticità sfoggiata dalla sezione ritmica guidata da Daniel Battaglia. Un piglio diretto, il classico brano ‘in your face’ che si ripete nella successiva e più cattiva “Braking”. Il tiro c’è, come detto, ed anche le idee sono buone. C’è tuttavia qualcosa che non quadra. In primis, il cantato non è sempre all’altezza della situazione tanto che in alcuni episodi, vedi “Anything Anymore”, la prestazione vocale dello stesso Gain sembra un po’ decadere rispetto all’andamento stabile del brano. Ma è soprattutto la produzione a lasciare più di una perplessità. Assodata la volontà di rendere l’atmosfera globale dell’album ruvida, grezza, i suoni fanno fatica ad emergere, costretti a subire una sorta di ovattamento generale che li copre sotto una coltre di ‘whoom’ andando così a penalizzare il lavoro svolto dai quattro musicisti. Un peccato in quanto, pur non portando grosse variazioni agli schemi tipici del genere, i Nemesis Inferi dimostrano di avere le capacità per mettere in campo passaggi musicali interessanti ed originali, come ben testimoniano la stessa “Hate My Name”, la più roboante titletrack o “Crawling In The Dust” in cui un rock aggressivo, crudo e nel contempo melodico si attesta a base portante del brano sul quale, oltre al continuo alternarsi delle ritmiche, sono le chitarre a fare la voce grossa. La conclusiva e tellurica “Vertigo” va a chiudere un album sicuramente caratterizzato da buoni spunti, dai quali partire per il futuro, ma anche da alcuni dettagli, non meno importanti, da rivedere quanto prima. Un “A Bad Mess” che sicuramente garberà agli appassionati del genere e che conferma come questa sia ormai la giusta via da seguire da parte della band bergamasca la quale, tuttavia, deve per forza di cose affinare ulteriori aspetti se vuole tracciare un solco importante all’interno del panorama del groove metal.