7.5
- Band: NEOCAESAR
- Durata: 00:43:54
- Disponibile dal: 26/02/2017
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Vi mancano i vecchi Sinister? Se siete fra coloro che non hanno particolarmente gradito i cambi di rotta e i flirt con la melodia portati avanti dalla band di Aad Kloosterwaard, allora è forse il caso di dare un ascolto al primo album dei Neocaesar, reatà nata nel 2013 e ora esordiente con questo primo full-length intitolato “11:11”. Il gruppo è appunto di recente fondazione, ma dietro al moniker Neocaesar troviamo quattro veterani della scena death metal olandese: Bart van Wallenberg (chitarra), Mike van Mastrigt (voce), Eric de Windt (batteria) e Michel Alderliefsten (basso) hanno infatti tutti fatto parte dei Sinister ad un certo punto della loro carriera, così come di band altrettanto longeve come Houwitser, Inhume o Severe Torture. Van Wallenberg e Van Mastrigt, in particolare, sono stati la colonna dei Sinister all’epoca del monumentale “Hate” e del precedente e altrettanto prestigioso “Diabolical Summoning”. Con tali credenziali, è perciò quasi scontato ritrovarsi fra le mani un disco di death metal grondante potenza ed euforia. Il quartetto accenna soltanto a tratti a soluzioni lontane dalla propria scuola (certi spunti ritmici ricordano un po’ i Vader dei primi anni 2000 o i vecchi Decapitated); per il resto, la band di Bart Van Wallenberg si immerge nel passato, mette le mani sul cuore e assembla un’opera squisitamente intensa, il cui fascino risiede anche e soprattutto nel tocco vintage delle canzoni. Una panoramica su ricordi ed immagini datati 1993-1995 che scivolano lungo le corde della chitarra. Il risultato sono dieci tracce colme di quei tipici riff avvitati, di quei grandi tappeti di doppia cassa e di quella vena melodica mefistofelica che tutti abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare ascoltando i suddetti lavori di gioventù. Poco più di quaranta minuti in cui il tempo sembra ripiegarsi su se stesso con le ispiratissime “Victims of Deception”, “Sworn to Hate” e “Blood Of The Nephilim”. Un paio di episodi risultano un po’ in ombra, ma poco importa, perché “11:11” è comunque un lavoro sincero, forte di alcuni grandi picchi qualitativi e di momenti di notevole veemenza. Nel complesso, un ottimo album d’esordio, inspiegabilmente uscito come autoproduzione. Per il suo successore confidiamo in una maggior riscontro da parte di etichette e addetti ai lavori.