6.5
- Band: NEPTUNE (SWE)
- Durata: 00:39:21
- Disponibile dal: 20/09/2024
- Etichetta:
- Pride & Joy Music
Uno degli aspetti positivi dell’effetto nostalgia che da qualche anno invade tutta la cultura pop occidentale, heavy metal incluso, è quello di aver convinto artisti di tutti i tipi a riprendere in mano gli strumenti del mestiere, magari dopo decenni di pausa, per provare a fare qualcosa di nuovo.
Per chi fosse particolarmente ferrato in materia di vecchia scuola, quindi, il moniker Neptune non suonerà nuovo: formatisi fra il 1979 e il 1980 in Svezia, si possono considerare fra quei gruppi che ibridarono lo speed metal degli Heavy Load alla parte più melodica della nostra musica preferita, di fatto entrando nel filone di quello che grazie ad Helloween e Scanner sarebbe diventato il power metal europeo. Ebbene, dopo il successo della compilation “Land Of Northern”, uscita nel 2018 e che per la prima volta raccoglieva le quattro demo della band uscite fra l’84 e l’87, i nostri, capitanati dal bassista Roland Alexandersson, dal chitarrista Anders Olsson e dal batterista Jonas Wikström, decidono di riunirsi.
Purtroppo, lo storico cantante Reine Alexandersson scompare dopo aver inciso un paio di singoli, lasciando un vuoto che la band si decide però a colmare facendo cantare Roland: arriviamo al buon “Northern Steel”, uscito nel 2020, che finalmente consegna alla Pride & Joy Music un disco di inediti, eccezion fatta per la bella cover di “Land Of Northern” riregistrata per l’occasione. Passano quattro anni fra altri singoli e compilation ed eccoci, finalmente, con in mano “End Of Time”, nuovo prodotto discografico che segna il ritorno in campo degli svedesi.
Per una formazione con una storia così travagliata, ma con un gruppo agguerrito di fan, non è banale arrivare nel 2024 così: basta far partire “Metal Hearts” per ritrovarsi in una canzone che unisce heavy metal melodico con l’hard rock dei Deep Purple Mark V, dove la voce di Roland e le tastiere di Johan Rosth dominano la scena.
Passiamo quindi da queste cadenze al power metal dichiarato di “Brightest Steel” e all’inno di “Motherland”, che ci mostrano una band camaleontica nel passare fra un genere e l’altro agilmente.
Rispetto al disco precedente, però, si nota come i nostri non sappiano bene dove andare a parare, cambiando continuamente registro senza fermarsi da nessuna parte. Di tutto il lotto, ci sembra che le canzoni che funzionano di più siano quelle più smaccatamente spinte in termini di ritmo, come la sopracitata “Brightest Steel”, la priestiana “Power” o la rockeggiante “Highlands”, mentre i pezzi più cadenzati come “Nepturion”, la title-track e “Revenge”, soffrono un po’ di questa doppia attitudine che i Neptune cercano di far stare insieme.
La produzione non cambia molto rispetto al precedente album in studio, con la voce di Roland molto effettata e sotto diversi riverberi, con le chitarre che lasciano molto spazio alle tastiere, come dicevamo sopra, ed è forse uno dei motivi per cui non tutte le canzoni di “End Of Time” conquistano come dovrebbero.
Insomma, seconda prova ufficiale in studio per una band che non si è mai davvero arresa, ma che, forse, deve trovare ancora una quadra precisa: il ritorno dei Neptune, seppur non col botto, sembra confezionato per chi ha fatto i salti di gioia vedendo riformarsi altri illustri colleghi dei nostri, in particolare per chi ama l’heavy particolarmente tastieroso influenzato da tutte le band che abbiamo citato nella recensione.