7.0
- Band: NERO DI MARTE
- Durata: 00:48:01
- Disponibile dal: 18/03/2013
- Etichetta:
- Prosthetic Records
- Distributore: Audioglobe
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I Mastodon ormai sono in giro da oltre dieci anni e hanno avuto un successo planetario. I Gojira allo stesso modo, forti di uno stile molto personale e di capacità tecniche fuori dalla norma, sono indirizzati anch’essi sulla stessa strada, ovvero verso lo status di cult band ammirata e apprezzata in ogni angolo del pianeta. Entrambe le band d’altronde questo successo e rispetto lo meritano tutto poiché hanno dato un taglio inedito al metal, lo hanno saputo rinnovare e rinvigorire grazie all’aggiunta di elementi nuovi e di sonorità atipiche. Stessa cosa dicasi, nel loro piccolo, per gli Ulcerate, anch’essi promotori di una rottura in chiave evolutiva e di un’enorme spinta innovativa in ambito heavy-prog e ora presumibilmente indirizzati anch’essi verso lo status di band culto, anche se su scala ben più ridotta rispetto a Mastodon e Gojira per via di un arco di vita ancora ridotto rispetto a quelle band e a una proposta più estrema ed heavy destinata ad un pubblico di aficionados più ristretto. Inevitabile dunque il fatto che, viste le nutrite schiere di fan, tra le nuove leve si facciano vive delle band emergenti che guardano a questi esempi come ispirazione e come luce guida per la creazione di musica propria. Inevitabile anche che gli esempi sopracitati aprano nuovi orizzonti a chi era già in giro da un po’. E’ il caso dei Nero Di Marte, band nostrana che è esistita per un manciata di anni con il moniker di Murder Therapy sotto l’ombrellone del brutal death metal più dritto e irruento, per poi essere folgorata sulla via di Damasco di questo neo-prog metal appena menzionato , a tal punto da voler ricominciare da zero, cambiando nome e puntando su sonorità al quanto inedite rispetto al loro passato come Murder Therapy. Da dove venga questa folgorazione non lo sappiamo, ma gli esempi riportati in apertura sembrano essere un indicatore al quanto ovvio. Sono talmente tante, infatti, le similitudini tra il sound delle tre grandi band citate in apertura e il sound della band bolognese da lasciare poco spazio a dubbi. Addirittura, dei Nostri, si può affermare senza dire enormi inesattezze che il loro sound appare proprio come una fusione quasi millimetrica tra i fasti e le peculiarità neo-heavy-psichedeliche dei Mastodon, la modernità progressiva di discendenza death e thrash dei Gojira, e la violenza altamente atmosferica degli Ulcerate. I Nero Di Marte infatti portano avanti una proposta di neo-progressive death metal a tratti molto heavy, di chiara discendenza death, senza però essere mai pienamente brutale per via di una fierezza e di una ricercatezza musicale che fa sempre pendere l’ago della loro bilancia sonica sempre dal lato della preziosità e della cura alle strutture e alle atmosfere che all’impatto puro e semplice. Le composizioni sono sontuose, intricate, estremamente tecniche, e dunque per essere discernibili e per non finire offuscate dal rumore bruto che un bagaglio death così marcato può portare con sé, la band ha dovuto lavorare parecchio sugli argini di contenimento del sound, levigando la saturazione delle chitarre e la distorsione, mai troppo metallica o irruenta ma bensì calibrata e molto calda. Ne è uscito un lavoro che appunto è extreme-metal nella forma, senza però esserlo in maniera canonica nella sostanza, proprio come nel caso dei Gojira e dei Mastodon, appunto. La centralità del sound dei Nero di Marte infatti non sembra mai essere appannaggio della loro anima metal, ma sempre della loro anima prog, che mette in primo piano sempre e comunque le strutture, le atmosfere, e il gusto per una ricercatezza musicale fiera e sontuosa. Questo loro istinto irrefrenabile nel voler essere “progressivi a tutti i costi” in realtà tira in ballo anche altre soluzioni avant-metal e prog già ampiamente collaudate altrove. Il riff sconnesso e obliquo della title track per esempio sembra essere uscito direttamente da “Paracletus” dei Deathspell Omega, mentre il riff centrale di “Drawn Back” coadiuvato dalla sezione ritmica a metà strada tra il jazzato e il tribale, ricorda tantissimo le effusioni heavy-fusion degli Intronaut, altra band che viene continuamente tirata in ballo dai Nostri in un citazionismo non proprio fastidioso, ma lampante. Le voci sono diretta discendenza di ciò che imbastiva Troy Sanders ai tempi di “Leviathan”, o che tutt’ora rende Joe Duplantier l’ugolona fiera e minacciosa che è dietro al microfono dei Gojira, ovvero un collaudatissimo urlo di rabbia, che si rifiuta categoricamente di essere un growl, proprio per non essere “troppo trucido” e che tenta invece di veicolare fierezza parallelamente alla rabbia della musica. Insomma, il lavoro è davvero a tratti sensazionale per quanto riguarda la tecnica, e l’inventiva compositiva. Nulla è lasciato al caso e ogni dettaglio è curato in maniera maniacale. Il gusto espresso nei cambi di umore, nelle atmosfere, e nelle parti più astratte e rarefatte è ineccepibile, e il disco sotto il punto di vista della stretta performance appare inattaccabile. Il problema dei Nero Di Marte semmai (perché un “problema” percepibile in questo disco c’è) sono le costanti citazioni che loro musica veicola, e come questa si sviluppa in – apparentemente – un costante e aperto apprezzamento di realtà straniere ben più affermate, senza però interpretare, bensì finendo col configurarsi a tratti in un vero e proprio tentativo di prestito. Il “già sentito” insomma in questo disco è praticamente ovunque, anche se come detto fatto di tante anime diverse, che alla fine ne mitigano la portata, a sua volta ulteriormente smorzata da un bagaglio tecnico notevolissimo. Ampiamente promossi, ma anche molto attesi alla prova successiva in cui si auspica un salto in avanti sotto l’aspetto della personalità stilistica. I Nero Di Marte restano comunque una realtà di cui il nostro paese può andare fiero.