6.5
- Band: NEW KEEPERS OF THE WATER TOWERS
- Durata: 00:46:49
- Disponibile dal: 11/03/2013
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
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Quante volte capita di trovarsi davanti ad un prodotto ambizioso, ma riuscito solo a metà? Quante volte è successo di imbattersi in una formazione con scopi rivoluzionari per poi accorgersi che, in fin dei conti, tanto rivoluzionari non sono? Sembrerebbe essere il caso degli svedesi New Keepers Of The Water Towers – o semplicemente New Keepers, prima del cambio di moniker – non una band di power meta,l ma bensì un quartetto dedito a sonorità progressive, articolate sopra una base di stoner/doom e principalmente composte con un approcio musicale volutamente cervellotico: poca tradizione, ridotti all’osso gli stacchi corpori e robusti, numerose, al contrario, le dilatazioni strumentali e le aperture melodiche raffinate; una sorta di raccolta di suite dall’atmosfera spaziale. Sei tracce dalla durata sostenuta dove a fare da padroni sono i lunghi susseguirsi strumentali di un guitar work innegabilmente abile ma fastidiosamente fine a sé stesso, encomiabile sotto il punto di vista del bagaglio tecnico, ma spesso prolisso e ingiustamente promosso a ruolo di leader assoluto, ponendosi come una versione più “sborona” di quanto fatto dai Mastodon su “Crack The Skye” e dagli Intronaut di “Valley Of Smoke”. Spicca per buone qualità di creazione atmosferica la lunga e ben pensata “Lapse”, ricca di lente contemplazioni malinconiche e intelligente nel saper porre le indubbie qualità esecutive al servizio del songwriting. Convince anche l’opener “The Great Leveller”, se non altro per l’abbondanza di partiture metalliche e per il suo incedere melmoso, adeguatamente abbinato ad un’atmosfera tesa e alle sofferte linee vocali, troppo abbandonate nel resto della tracklist. Non è certo la poca ispirazione a fare di “Cosmic Child” un disco gradevole ma dal forte senso di occasione persa; le troppe dilungazioni, una sintesi dei pezzi praticamente inesistente e la mancanza di un approcio musicale più diretto e conciso sembrano essere le principali mancanze che ci sentiamo di sottolineare. Inoltre, siamo piuttosto stanchi di leggere proclami e paragoni – qui addirittura si citano i Pink Floyd – da parte delle formazioni stesse: il rischio è quello di creare aspettative inutili che raramente vengono ripagate. La sensazione generale è quella di una grossa abbuffata di piatti superflui: invitanti e prelibati se degustati nei limiti, ma esageratamente pesanti se le portate abbondano.