7.5
- Band: NIGHT IN GALES
- Durata: 00:44:41
- Disponibile dal: 07/11/2011
- Etichetta:
- Lifeforce Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Dieci anni di sparizione belli pieni, con solo qualche accenno e tentativo di ritorno in pista, mai portato a termine a dovere, vuoi per impegni musicali paralleli, vuoi per problematiche interne alla band, vuoi per ragioni private: ma ora, finalmente, i melo-deathsters tedeschi Night In Gales sono riusciti nell’impresa di presentarci alle orecchie un nuovo lavoro sulla lunga distanza, stolidamente valido e pure bellissimo! Con l’ultimo vagito, “Necrodynamic” (2001), Bjorn Goosses e compari si erano lanciati in una sfuriata thrash-death metal al fulmicotone, dimenticando quasi completamente le melodie sopraffine, epiche e nostalgiche che avevano caratterizzato fortemente i loro primi tre lavori, fra i quali “Towards The Twilight” e “Thunderbeast” sono i meglio rappresentativi del particolare death metal melodico proposto dai ragazzi di Colonia: una commistione originale tra il tipico melo-death di primi In Flames e Dark Tranquillity e agganci al thrash metal di stampo teutonico. Ebbene, questo brevissimo excursus nel passato dei Night In Gales solo per dirvi che il nuovo “Five Scars” si riappropria del tipico sound NIG e lo fa con gran maestria e brillante ispirazione, regalandoci un’ottima manciata di episodi incentrati su melodie – hook di chitarra, chorus puliti, arrangiamenti d’archi, riffing black-death, strofe malinconiche – che spiccano per intensità e gusto, coadiuvate da una violenza che comunque raramente pare scemare e mai viene messa da parte dal gruppo. Basti sentire, in tal senso, l’ustione di AtTheGatesiana memoria di “Endtrip”, quasi un tributo alla band di ‘Tompa’ Lindberg ma impossibile da criticare. “The Tides Of November” è dolcissima e potente allo stesso tempo, il prototipo dell’approccio Night In Gales al death metal melodico, un pezzo esplosivo; mentre l’altrettanto potente “Whiteout” presenta richiami all’hard-rock che non possono non esaltare. Ma è tutto “Five Scars” che, senza farci strappare i capelli, si lascia ascoltare in modo fluido e tranquillo, come fosse il ritrovarsi a parlare dopo tanto tempo con un vecchio amico. La band si auto-cita spesso, anche e soprattutto a livello lirico, ma è un difetto talmente lieve che proprio non infastidisce. Un bellissimo comeback, quindi, per una formazione che è stata sottovalutata per anni e che speriamo ora riesca ad uscire di forza dall’oblio.