8.5
- Band: NIGHT IN GALES
- Durata: 00:37:39
- Disponibile dal: 10/06/1997
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Audioglobe
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Stimolati dal recente ed ottimo comeback discografico intitolato “The Last Sunsets”, cogliamo la palla al balzo per tenere viva l’attenzione sui tedeschi Night In Gales, una band ormai definibile come ‘storica’ e, per certi versi, associabile alle formazioni pioniere del death metal melodico. Se è vero che, infatti, la Madre Patria per antonomasia del genere in questione è la città svedese di Goteborg, terra natia dei vari At The Gates, Dark Tranquillity, In Flames, assoluti prime-mover del movimento e riconosciuti padri delle sonorità melo-death, è pur facilmente dimostrabile come i fratelli Basten e i loro compari siano stati fra i primissimi combo al di fuori della Svezia a proporre la loro rivisitazione di stile. I Nostri si formano a Voerde, vicino Colonia, nel 1995 e subito, quello stesso anno, autopubblicano il demo-EP “Sylphlike”, ricevuto benissimo dalla stampa specializzata underground e già carico di quel parossismo furente unito ad un sapiente tocco nostalgico che, a ben vedere, è un po’ il trademark, certo non originalissimo, della band. Jens Basten è il compositore principale dei Night In Gales, ben supportato dal fratello Frank all’altra chitarra e dalla capace e robusta sezione ritmica formata da Tobias Bruchmann (basso) e Christian Bass (batteria). Alla voce c’è Christian Muller, il quale però abbandona subito la formazione per imprecisati motivi personali. Al suo posto, viene chiamato il dotato Bjorn Goosses, che unisce un’ottima tecnica interpretativa – svaria tranquillamente da un growl profondo ad uno scream catarroso e parecchio Stanne-oriented – ad una capacità lirica decadente e molto Byroniana che s’abbina perfettamente al mood crepuscolare e malinconico che pervade tutto il debutto “Towards The Twilight”, uscito nel giugno del 1997 e protagonista di questa tornata dei nostri Bellissimi. Il disco viene edito dalla Nuclear Blast che, visto il successo di lavori poco più anziani quali “Slaughter Of The Soul’ degli At The Gates (1995) e “The Gallery” dei Dark Tranquillity (1995) e soprattutto l’exploit ‘interno’ di “The Jester Race” degli In Flames (1996), cerca di sfruttare l’onda death metal melodico tramite un gruppo autoctono. Il tutto viene certificato anche dall’uso di Andreas Marschall per la realizzazione della copertina, artista gettonatissimo al tempo e autore proprio di tante cover degli In Flames, oltre che di Hammerfall e Dimmu Borgir, fra le altre. Ora, il suono che fuoriesce dai solchi di questo piccolo gioiello mai uscito alla luce da una penombra limitante è sicuramente death metal melodico, ma scordatevi, almeno in parte, i primi In Flames: qui siamo invece a metà strada tra le partiture disperate e un po’ acerbe dei primi At The Gates e la furia lacerante dei Dark Tranquillity era “Skydancer”/”The Gallery”, con svariati tocchi in meno di attitudine progressiva ed innovativa ma con un gusto per il riff e le melodie incrociate e doppiate delle chitarre quasi inarrivabile. Ad ogni passaggio troverete facilmente nuovi dettagli da scoprire, nuove note che Jens e Frank Basten ci propongono in una sequenza infinita, tra rallentamenti più groovy, evoluzioni al fulmicotone e giri melodici di squisita fattura. Tracce mai esageratamente lunghe, anzi piuttosto contenute nel minutaggio, nel cui interno, però, si scolpiscono miriadi di riff ed intrecci complessi, tali da renderle per nulla immediate e, di primo acchito, addirittura ‘confuse’. La verità è che tutta la mirabile grandeur di questi episodi vi si dispiegherà lentamente attraverso una buona dose di passaggi, fino ad illuminarsi definitivamente di una maestosità commovente, epica e sofferta, davvero riscontrata, successivamente, in poche altre opere. Difficile, al solito, estrapolare dei brani che spicchino sugli altri, quando sia i più terremotanti “Razor”, “Of Beauty’s Embrace” e la splendida opener “Towards A Twilight Kiss”, sia i più ‘ragionati’ “Autumn Water” e “Slavesun”, vanno a formare un pacchetto compatto e massiccio di metallo incandescente; è pur vero, comunque, che due sono le canzoni memorabili contenute in “Towards The Twilight”: la magica parentesi acustica “From Ebony Skies”, straziante e bruciante nella sua poesia arpeggiata ricordante il più bel tramonto mai visto; e “Avoid Secret Vanity”, ripresa in versione più matura e potente rispetto a quella presente su “Sylphlike”: un’intro di pianoforte e tastiere fa il suo dovere in breve tempo, donandoci una melodia triste e avvincente che viene subito ripresa dalle chitarre entranti; poi il pezzo si sviluppa in maniera spettacolare, ancorato alle coordinate del genere e a quelle del resto del lavoro, ma avente anche quel tocco in più di possanza che vi porterà in fretta a ruggire, assieme al buon Bjorn, il profondo ‘you my God!’ dello pseudo-chorus. Tirando quindi le somme, ci è parso giusto omaggiare questa formazione considerabile come ‘sfortunata’, che piano piano si è persa nel mare magno delle band metal dimenticate, ma che anche in passato, col senno di poi, avrebbe meritato la massima attenzione. Lo si nota e pensa di certo, quando si riascolta rapiti questa perla discografica da riscoprire assolutamente.