7.5
- Band: NIGHTBRINGER
- Durata: 00:52:15
- Disponibile dal: 14/04/2017
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Ci è voluto del tempo, probabilmente più del previsto, ma alla fine i Nightbringer sono riusciti a giustificare il forte interesse della comunità black metal nei loro confronti. Giunta alla quinta prova sulla lunga distanza, terza su Season of Mist, la formazione del Colorado centra infatti un obiettivo neppure mai lontanamente sfiorato in vent’anni di carriera, confezionando un’opera in grado di reggersi in piedi senza mai dare l’impressione di vacillare a causa di esperimenti poco riusciti o di inutili prolissità, completamente assoggettata al richiamo della notte e dei suoi abitanti. Memore della fortunata esperienza con il progetto Akhlys, il leader Naas Alcameth opta per un taglio netto degli influssi funeral doom/ambient che appesantivano oltremodo i vari “Ego Dominus Tuus” e “Hierophany of the Open Grave” e per un uso più ricorrente di strutture vicine alla forma canzone, sulle quali edificare un sound sì complesso e stratificato, ma anche melodico e straordinariamente emotivo all’occorrenza. Una miscela di vecchia e nuova scuola che convince fin dall’opener “As Wolves Amongst Ruins” e che prosegue ininterrotta per tutti e otto i capitoli della tracklist, alimentata da un fuoco in cui ardono crepitanti i Blut Aus Nord della trilogia “Memoria Vetusta”, gli Emperor di “Anthems to the Welkin at Dust” e i grimori di realtà ‘spirituali’ come Acherontas e Dødsengel, per circa un’ora di musica altamente sfaccettata e visionaria, lungi dall’esaurire la propria carica mistica nei limiti temporali dell’ascolto. Un continuo susseguirsi di esplosioni strumentali, crescendo enfatici e arabeschi dissonanti tenuti insieme da una vocalità intensissima e da un guitar work che un attimo prima si avviluppa in spirali e sovrapposizioni e quello dopo si schiude in melodie profonde e cristalline, davanti a cui si materializzano spontanei gli scorci di una natura immensa e solitaria, mirabile e al tempo stesso spaventosa. Forte di episodi del calibro di “Misrule”, “The Lamp of Inverse Light” e soprattutto “Serpent Sun”, vero e proprio gioiello di black metal nordamericano, “Terra Damnata” è esattamente ciò che i Nightbringer dovevano produrre per scrollarsi di dosso la nomea di band ‘overrated’. Un distillato di contemplazione e rabbia luciferina da assaporare con calma in ogni suo dettaglio. Ora non resta che attendere con fiducia le prove dei cugini Excommunion e Bestia Arcana.