6.0
- Band: NIGHTFELL
- Durata: 00:40:25
- Disponibile dal: 11/09/2015
- Etichetta: 20 Buck Spin
- Distributore:
È già tempo di secondo album per i Nightfell, ad appena un anno e mezzo dall’uscita del debutto. Il progetto di Todd Burdette (Tragedy) e Tim Call (Aldebaran) riprende senza grosse alterazioni il discorso iniziato con “The Living Ever Mourn”, proponendo una miscela di doom e cosiddetto neo crust che in qualche tratto suona a tutti gli effetti come dei Tragedy al rallentatore. Forse tale discrezione farà venire in mente a qualcuno i gloriosi Fall Of Efrafa, ma purtroppo la realtà è piuttosto diversa. Dell’epicità del compianto gruppo albionico qui vi è poca traccia: a livello stilistico, il duo è davvero classificabile come una versione giusto un filo più introspettiva e metallica dei Tragedy di “Darker Days Ahead”, senza però chissà quale impennata sul fronte del songwriting. I Nightfell si presentano esuberanti, capaci di scrivere buoni passaggi, ma senza la costanza e l’incisività sufficienti per far scattare il vero colpo di fulmine. Dispiace un po’ dirlo, ma la band si stabilizza in quel sottobosco di formazioni per completisti, ennesimo nome che va a rimpolpare la già nutrita schiera di apocalittici menestrelli nella categoria “similar artists” su Last.fm o Spotify. Indubbiamente al giorno d’oggi si respira un grande interesse attorno a tutto ciò che è crust o doom e i Nightfell magari riusciranno anche ad imporsi nella playlist di qualche fanatico dell’underground, tuttavia resta l’impressione che ai Nostri manchi qualcosa. La scelta di allungare le composizioni, ad esempio, non è delle più felici: la tracklist vive di momenti – vedi l’ottimo incipit di “Collapse”, che ricorda persino i Primordial – più che di canzoni degne di questo nome. I riff sembrano per lo più presi dal repertorio Tragedy, rallentati e solo in certi casi incupiti. Inoltre, non sempre riescono a toccare le corde giuste a livello emotivo. Le velleità doom restano insomma un po’ fuori portata e “Darkness Evermore” finisce quindi per rivelarsi un album vagamente disarmonico, alfiere sì di qualche spunto valido, ma che qua e là sembra il parto di musicisti non ancora del tutto maturi. Ovviamente sappiamo bene che Burdette e Call sono tutto fuorchè alle prime armi, ma evidentemente devono ancora trovare il cosiddetto bandolo della matassa per questo loro progetto.