7.0
- Band: NIGHTWISH
- Durata: 01:15:43
- Disponibile dal: 28/09/2007
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Audioglobe
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Con grande abilità i Nightwish hanno trasformato una rischiosa separazione artistica in un mezzo pubblicitario che ha fatto salire l’attesa per una loro nuova pubblicazione alle stelle. Il fiorire di formazioni palesemente derivative e il mistero legato alla nuova cantante saranno di sicuro un traino importante per i numeri in classifica di “Dark Passion Play”, ma va considerato che una aspettativa tanto elevata raramente riesce ad essere soddisfatta. Com’è noto, il dispiego di mezzi è stato inaudito, facendo del disco in questione la maggiore produzione della storia della musica finlandese. Ebbene, una lettura ipercritica del lavoro in questione si potrebbe ridurre a un giudizio sintetico: ripetitivo nella proposizione delle stesse scelte stilistiche del passato, con un songwriting a tratti poco ispirato, senza gli stravolgimenti, le emozioni e le sfumature che un’opera di tale budget dovrebbe proporre nella sua interezza; nelle stesse parole di Tuomas “l’originalità è sopravvalutata”. Il gruppo si mantiene costantemente sui percorsi già tracciati del polpettone epico/dark/fantasy avvicinandosi all’Hollywood metal in parecchi casi: ci si sente un po’ come nella trasposizione cinematografica de “Il Signore Degli Anelli” in certi passaggi, intontiti dalla meraviglia auditiva ma progressivamente appesantiti da un ascolto di qualità altalenante. Di sicuro non incolpiamo la bella Annette, sebbene la sua voce (al pari del suo aspetto fisico) sia squisitamente dolce, calda, squillante e appetibile a un pubblico maggiore, manca della impostazione e della potenza dell’amata Tarja – rinuncia ovvia per innalzare l’appeal commerciale. La nuova cantante non è altro che un’interprete, perfetta nel ruolo assegnatogli dal team creativo. Il problema è che ci sono tappabuchi, dei singoli banalotti (“Eva” sembra una “Nemo” parte seconda), una ballad medievale odiosa che sembra un pezzo dei Blind Guardian (“The Islander”) e una strumentale che si rifà in maniera abbastanza spudorata – basta leggere il titolo! – al celebre tema dell’Ultimo Dei Mohicani (“Last Of the Wilds”). A peggiorare le cose rileva, alla lunga, un’antipatica tendenza a rallentare i tempi, avvicinandosi costantemente al semi-lento. Togliendosi la maschera del critico spietato è però giusto rendere tributo alle caratteristiche che fanno comunque di “Dark Passion Play” un disco apprezzabile, e che sicuramente contribuirà a indorare il cammino futuro dei Nightwish. In primis va considerato che, anche se il songwriting non è sempre allo stato dell’arte, Holopainen sopperisce con un senso dell’arrangiamento e un’abilità nell’orchestrazione che hanno pochi rivali nel mondo del metal: ne è testimone l’intero disco, pomposo ed elaborato in ogni sua singola sfumatura, e ne è l’icona la mastodontica opener “The Poet And The Pendulum”, imponente suite della durata di 13 minuti che lascia a bocca spalancata e spazza via la concorrenza, di sicuro la gemma più lucente del disco, forse il miglior pezzo mai inciso dalla formazione. E’ chiaro come il tastierista dagli occhi di ghiaccio si esprima nel migliore dei modi quando si prende tutti i minuti che gli servono, così restano impresse “7 days Of The Wolves” e “Master Passion Greed” – con un Marc Hietala sugli scudi – non a caso anche i pezzi più heavy e movimentati. Mantenendo infine i vecchi fan ripercorrendo le coordinate distintive del gruppo, i Nightwish si preparano ad abbracciarne di nuovi eliminando l’impostazione rigida e operistica del cantato, in molti casi mal digerita, riuscendo a mantenere l’elevato livello qualitativo della voce protagonista. A parere di chi scrive un nuovo inizio moderatamente consigliato, non un capolavoro. Adesso sapete proprio tutto di questo “Dark Passion Play”: a voi la scelta!