7.5
- Band: NINE INCH NAILS
- Durata: 00:31:40
- Disponibile dal: 22/06/2018
- Etichetta:
- The Null Corporation
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Terzo tassello della trilogia di EP usciti nel corso degli ultimi tre anni, “Bad Witch” appare in tutta la sua gigantesca potenza espressiva come conclusione di un percorso notevole e di nuovo interessante. La coppia Reznor/Ross torna ad associarsi al monicker NIN – quello vero – e a ridarsi in tutto quel sound di ricerca e di influenza bowiana tipico del passato della band, soprattutto quello dei fine Novanta. “Bad Witch”, nei suoi 31 minuti di durata, supera le iniziali intenzioni del formato EP, e funziona proprio in quella sua imperfezione (lo stop di “Shit Mirror” prima del bridge finale, il pattern di batteria che sembra quasi farsi lo sgambetto di “Ahead Of Ourselves”), in quei suoni che sembrano ritornare ad una ruvidità che appare come manna dal cielo proprio quando la si pensava perduta. In “Play The Goddamned Part” si torna a sentire l’eco di una band che ha sempre cercato di esplorare in avanti, questa volta con l’aggiunta di quel sax rispolverato che sa tanto di “Blackstar”, con un incedere elettronico funereo e cimiteriale, quasi come un tributo alle origini, ma dal sapore ultra-contemporaneo. “God Break Down The Door” era stato il singolo d’apertura del lavoro e appare forse come il brano giusto per la sua posizione e minutaggio: prevedibile a livello di espressione, ma gustoso in termini di sonorità, ancora una volta connesso alle ultime parabole del Duca Bianco. È con le ultime due tracce, però, che il gioco vale veramente la candela. Quando Reznor si prende tempo è capace di impostare dei brani che si impongono come baluardi del nuovo corso del suo progetto Nine Inch Nails. “I’m Not From This World” riscopre le tonalità dei “Ghosts”, in uno strumentale fatto di noise inquieti e lamentosi, ancora più funerei e incombenti di quanto ci si potesse aspettare in un discorso di trenta minuti di durata, che seguiva “Not The Actual Events” e “Add Violence”. Qui siamo in territori specifici della puntata 8 di “Twin Peaks: The Return”, come se Evil Coop emergesse tra le immagini del pezzo, insieme alla cronostoria di Bob, il Male. Con la finale “Over And Out”, invece, si conclude alla grande in puro stile elettronico, un po’ come era stato con la potente “The Background World”, ma in maniera molto più omogenea rispetto ai precedenti minuti di “Bad Witch”. “Year: Zero” e “Hesitation Marks” sono gli antesignani di questo ultimo pezzo, nei loro eccessi più catchy ma mai banali, quelli che si prendono i loro giri, che si amplificano battuta dopo battuta, che serpeggiano tra i synth e tra armonie oniriche ancora una volta lynchiane e tutte legate ad un concetto di soundtrack per quei viaggi notturni che Reznor e Ross hanno ormai imparato a consolidare. “Time is running out / I don’t know what I’m waitin’ for” dice in una tonalità da Bowie redivivo, ripercorrendone un po’ la scia portante e nostalgica. Bene, ancora una volta. Siamo di fronte a del bel materiale, senza dubbio. Senza esultare eccessivamente, possiamo dire che i Nine Inch Nails sono tornati a sancire il loro status di cult band vera e propria. Viva e vegeta.