
8.0
- Band: NOCTAMBULIST (NL)
- Durata: 00:45:45
- Disponibile dal: 07/02/2025
- Etichetta:
- These Hands Melt
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Nati nel 2016 a Tilburg, i Noctambulist (da non confondere con l’omonimo gruppo americano) esordiscono cinque anni più tardi con “Noctambulist I: Elegieën”: fin dal principio, il loro obiettivo è quello di coniugare la ferocia del black metal con melodie inquietanti e malinconiche, dando forma ad un’oscurità che permea ogni aspetto della loro estetica, ed il disco è un timido sforzo di andare in questa direzione.
Le idee, però, sono chiare e se, con il primo tentativo, risultano solamente abbozzate, già alla seconda uscita il risultato è di un livello superiore: “Noctambulist II: De Droom”, infatti, suona sorprendentemente maturo per un band così giovane e rappresenta un deciso passo avanti rispetto all’esordio, soprattutto in termini di composizione. La gelida rabbia del debutto rimane intatta ma, questa volta, le molteplici influenze sono perfettamente integrate nel tessuto black metal, in un’opera che vive di contraddizioni e di stati d’animo antitetici. Il tono di tutto il disco può essere già compreso dall’eloquente copertina, che rappresenta una lussuosa camera da letto in una villa abbandonata, immagine stridente di qualcosa che è stato e forse non è più, riflesso dei temi della speranza, del fallimento e dell’abbandono, fasi differenti che attraversiamo nel corso della nostra vita.
E’ lecito parlare di post-black metal e si possono citare gli Harakiri For The Sky, in particolare quelli degli ultimi anni, per la carica emotiva che questa musica sprigiona, si sentono anche echi di Alcest e Deafheaven, ma ciò che rende il suono dei Noctambulist peculiare è la contaminazione con dosi veramente massicce di post-punk e shoegaze, con intransigenti sfuriate in screaming che si sciolgono in morbide sezioni nelle quali a prevalere è la melodia, mantenendo un equilibrio che non è scontato per una band ‘solamente’ al secondo disco.
L’aspetto più sorprendente è la capacità di saper utilizzare una vasta gamma di colori, per descrivere al meglio tutte le sensazioni che vanno dall’euforia alla depressione: da quel che si sa, al contrario di quanto fatto in passato, tutti i componenti del gruppo hanno partecipato alla scrittura di questi pezzi, ricchi di dettagli ed eleganti senza perdere adrenalina, e questo sforzo collettivo ha portato ad un risultato al di là delle aspettative. La scelta di adottare una produzione pulita e in grado di dare risalto ad ogni singola sfumatura non va ad impattare assolutamente l’urgenza espressiva che, anzi, ne esce rafforzata; sono necessari svariati ascolti per comprendere ogni particolare, ma l’album cresce con il tempo e, solitamente, questo è indice di solidità.
Il picco di intensità viene raggiunto con canzoni come “Vinex”, tra muri di chitarre e rallentamenti che sanno di new wave, mentre in “Lichteter” sembra di ascoltare in sottofondo un qualche singolo degli U2 proveniente dagli anni ’80; l’intro di “Gevoelsmens” ricorda invece un prodotto alternative del decennio successivo, prima di una vera e propria esplosione, ed il riffing nervoso di “Petrichor” rimanda addirittura ai Sonic Youth. Tutta questa ricchezza di divagazioni, all’apparenza dispersiva, è inserita in un flusso coerente e, insieme ad una certa orecchiabilità, è il punto di forza della proposta.
Il post-black metal è una materia malleabile che, per natura, si presta a contaminazioni: i Noctambulist hanno lavorato proprio in questo senso, rimodellando sonorità già sentite in precedenza con lo scopo di integrarle con altre in teoria estranee, in modo originale e secondo canoni personali e non codificati.
Il risultato è un pugno di brani densi, commoventi, che colpiscono nel profondo e propongono gli olandesi come una nuova realtà nel genere. Come recitano il titolo del pezzo di apertura e di quello di chiusura: “il sogno è morto, lunga vita al sogno“.