6.5
- Band: NOCTE OBDUCTA
- Durata: 00:41:41
- Disponibile dal: 26/05/2017
- Etichetta:
- MDD Records
- Distributore: Audioglobe
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Sono passati appena dieci mesi da quando abbiamo recensito su queste pagine l’ultimo lavoro dei Nocte Obducta, “Mogontiacum (Nachdem Die Nacht Herabgesunken)”, e ci ritroviamo oggi a parlare di un nuovo album di inediti che, nelle intenzioni della band, conclude idealmente il suo percorso di ritorno alle origini. Parlando del precedente lavoro, ne avevamo apprezzato la libertà artistica, che permetteva al gruppo tedesco di spaziare tra i generi, con quello spirito d’avanguardia di chi non ama e non si pone limiti. Al tempo stesso, però, questo aspetto si era rivelato come una sorta di arma a doppio taglio: questa evidente eterogeneità musicale rischia di confondere un po’ l’ascoltatore che trova difficoltà nell’entrare in sintonia con un’opera apparentemente caotica. Il nuovo “Totholz (Ein Raunen Aus Dem Klammwald)” compie una svolta netta in questo senso, recuperando quella linearità che difettava nel precedente disco. Questa volta la band teutonica declina il suo avant-garde black metal con atmosfere più quiete e fredde, ben rappresentate anche dalla copertina del disco: linee melodiche ben definite, suoni chiari ma mai patinati o artificiosi, un uso attento ed efficace delle tastiere e un buon utilizzo del basso. I Nocte Obducta disegnano paesaggi maestosi e grigi, talvolta malinconici, talvolta più sinistri e maligni; di tanto in tanto, invece, la loro musica abbandona il mondo terreno e si catapulta nel nero cosmico, evocando atmosfere spaziali. Tutto questo rappresenta l’evoluzione positiva di questo lavoro ma non possiamo dire che il risultato finale sia migliore di “Mogontiacum”: è vero che questa maggiore linearità ci appare una scelta giusta, ma allo stesso tempo la qualità della scrittura ci pare meno ispirata, mettendo in luce più di una composizione di maniera, aggiunta giusto per raggiungere il minutaggio minimo richiesto. I due episodi più riusciti, a nostro parere, sono “Die Kirche Der Wachenden Kinder”, che rappresenta la summa di ciò che abbiamo descritto finora, e, soprattutto, “Wiedergaenger Blues”, lunga composizione della durata di quindici minuti che attraversa mondi sonori tra i più disparati: si parte con il minimalismo più assoluto, con qualche goccia di pianoforte, si attraversa una lunga parentesi acustica dalle tinte folk, poi si procede per lenta costruzione nella maestosità elettrica, con passaggi malinconici e divagazioni ambient. A conti fatti, dunque, confermiamo l’impressione positiva avuta con lo scorso lavoro, ma il giudizio complessivo rimane un gradino sotto. Forse i Nocte Obducta hanno peccato un po’ di superbia, bruciando le tappe e pubblicando troppo rapidamente un album che, con qualche mese di lavoro in più, avrebbe potuto raggiungere risultati ben più esaltanti.