6.5
- Band: NOFX
- Durata: 01:05:26
- Disponibile dal: 17/08/2010
- Etichetta:
- Fat Wreck
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Dopo la raccolta di B-side (“45 or 46 Songs That Weren’t Good Enough to Go on Our Other Records”) e di successi (“The Greatest Songs Ever Written (By Us)”) a chiudere la trilogia delle compilation mancava soltanto la collezione delle canzoni uscite solo su EP, formato utilizzato spesso dai NOFX tra un full-length e l’altro. Ecco dunque puntuale “The Longest EP”, che come intuibile dalla fumettosa copertina (in cui figurano tutti gli artwork dal 1987 al 2009) copre tutti gli EP usciti in questo arco temporale al netto di quelli già presenti in altri LP (come “Surfer” e “Fuck The Kids”, inclusi come bonus nella già citata antologia di B-side). Con una licenza poetica all’ordine cronologico, si parte dal periodo d’oro della band: le prime cinque canzoni arrivano quindi da “The Longest Line”, EP d’esordio per il chitarrista El Hefe (nonché prima uscita per la Fat Wreck) in cui spiccano la title-track, “Remnants” e “Kill All The White Man”, pezzo reggae-core dove fa bella mostra di sè la tromba del nuovo entrato. Decisamente meno interessanti “I Wanna Be an Alcoholic” e “Perverted”, due outtake dell’EP “Fuck The Kids”, così come “My Name Is Bud”, unico inedito da “Bottles To The Ground EP”. Da “Regaining Unconsciousness” e “13 Stitches” meritano il ripescaggio “Hardcore 84” e “Glass War”, insieme a “Jaw Knee Music” (da “Rock Against Bush”) testimonianza della fase più politica dei NOFX. Salto in avanti di tre anni e arriviamo alla fase mistica con “Never Trust An Hippy”, composto da scarti di “Wolves in Wolves’ Clothing” invecchiati meglio rispetto all’album padre: oltre a “Golden Boys” (cover dei Vagina Dentata) anche “Everything in Moderation (Especially Moderation)” e “I’m Going to Hell For This One” avrebbero alzato il valore del full-length. Simpatica anche l’autoironica “I’ve Become a Cliché” (bonus track di “Coaster”), prima della lunga parentesi dedicata a “Cokie The Clown”, ennesimo alter ego del frontman, da cui salviamo però soltanto “Fermented and Flailing”. In chiusura spazio per gli esordi della band: se “S&M Airlines” (inclusa nello split “NOFX/Drowning Roses” del 1988) è la prima mini-hit scritta dal cantante / bassista (se pur con un solo abbastanza acerbo), “The P.M.R.C. Can Suck on This” si fa ricordare più per la copertina vietata ai minori (e per una sguaiatissima cover di “Johnny B. Good”) che per l’effettiva qualità musicale, come ammesso dallo stesso Fat Mike. Spiccano per contrasto l’assenza di alcune delle migliori uscite in questo formato – se “The Decline” è giustificato dalla durata, avremmo dato spazio almeno allo split con i Rancid – ma nel complesso questo compendio risulta utile ai fan più completisti per una panoramica esaustiva delle uscite minori dei NOFX, se pur non sempre imprescindibili.