8.0
- Band: NOFX
- Durata: 00:32:17
- Disponibile dal: 05/11/1992
- Etichetta:
- Epitaph
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Chiuso con “Ribbed” il primo capitolo dei NOFX (1988-1991), “White Trash, Two Heebs And A Bean” apre ufficialmente un secondo, e ancora più soddisfacente, periodo ricco di novità.
Innanzitutto in cabina di regia per la prima volta non troviamo Brett Gurewitz, sostituito da Donnel Cameron, ma soprattutto questo quarto disco vede l’uscita del chitarrista Steve Kidwiller e l’ingresso al suo posto di Aaron Abeyta, noto ai più come ‘El Hefe’. Fin dal titolo dell’album (riferito rispettivamente al batterista Erik Sandin, ai due ebrei Fat Mike ed Eric Melvin, e appunto all’ultimo entrato di etnia latino-americana) si avverte un ulteriore passo in avanti, confermato dalla partenza con due pezzi da manuale dello skate punk (velocità, melodia, cori, assoli brevi ma efficaci) come “Soul Doubt” e “Stickin In My Eyes”.
La prima vera sorpresa arriva però con “Bob”, evoluzione di “The Moron Brothers” (e a sua volta preludio a “The Brews”) divenuta da subito un classico grazie ad un coro dall’alto tasso etilico, oltre ad essere il battesimo per il trombone del nuovo entrato El Hefe. Restando sul fronte delle sorprese, la palma a questo giro va probabilmente a “Straight Edge”, cover dei Minor Threat interpretata da Fat Mike come fosse un pezzo di Louis Amstrong, anche se sfidiamo chiunque a non sorridere di fronte a “Please Play This Song On The Radio” (pezzo ironico che anticipa di un paio d’anni il successo planetario di “Basket Case” e “Come Out And Play”) oppure allo ska funk bucolico di “Johnny Appleseed” (cantata da El Hefe), personaggio di un vecchio cartone Disney qui citato in riferimento alle coltivazioni più ‘ricreative’ del batterista Smelly.
Prima della chiusura affidata allo swing di “Buggle Eyes” c’è spazio per altri piccoli grandi classici di hardcore melodico come “Liza And Louise” (una ‘prima stampa’ del NOFX-sound del nuovo millennio) o la più melanconica “She’s Gone”, così come merita una menzione a parte “I Wanna Be Your Baby”, un midtempo dal riff più metal che punk e dal testo freudiano (a metà tra il complesso di Edipo e uno spermatozoo in versione Acqua Lete).
A nemmeno cinque anni dal grezzissimo esordio i progressi sono per certi versi strabilianti, e tutto è pronto per il loro definitivo capolavoro che arriverà proprio nell’anno zero del punk rock californiano.