9.0
- Band: NORMA JEAN
- Durata: 00:58:25
- Disponibile dal: 13/08/2002
- Etichetta:
- Solid State Records
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Prima di As I Lay Dying, Killswitch Engage e Shadows Fall. Prima della coniazione del termine New Wave of American Heavy Metal. Prima che, in sostanza, diventasse uno dei generi più celebrati e discussi degli anni Duemila, il metalcore era un affare per pochi amanti delle contaminazioni. Qualcosa di molto diverso dal sound aggressivo-conciliante promosso dai suddetti act e dagli innumerevoli epigoni nati in seguito all’ascolto di un “Alive or Just Breathing”, in cui clean vocals e influssi melodic death metal non erano ovviamente contemplati e a prevalere era un senso di pericolo tangibile quanto quello di certe correnti ‘trve’. Parliamo dell’ibrido messo a punto da gente come Integrity, Shai Hulud e Zao, di quella crasi tra due mondi (hardcore e metal, per l’appunto) capace di scombinare per sempre le carte in tavola e gettare un’ombra inquieta sul futuro della musica pesante, grazie in primis a lavori pionieristici del calibro di “Hearts Once Nourished with Hope and Compassion” (1997) o “Liberate Te Ex Inferis” (1999). Basi di partenza sulle quali cinque ragazzi del North Carolina, qualche anno più tardi, diedero vita a ciò che non esitiamo a definire una delle massime espressioni del filone, frutto di una capacità di guardare oltre i soliti schemi mai del tutto compresa dal pubblico e dalla critica. Perchè “Bless the Martyr and Kiss the Child”, esordio sulla lunga distanza dei Norma Jean, è semplicemente un capolavoro. Una bordata di quasi sessanta minuti che prima mette al muro l’ascoltatore e poi lo scaraventa senza remore in un universo pervaso da angoscia e visioni apocalittiche. Il punto di incontro ideale, contornato da spaventosi testi a sfondo cristiano, tra il cosiddetto ‘Carcass-core’ di Dan Weyandt e Scott Mellinger e il ‘post’ hardcore dei Neurosis, registrato live da un allora semisconosciuto Adam Dutkiewicz per un risultato complessivo di rara visceralità e cupezza. A saltare all’orecchio, dopo lo screaming filtrato di Josh Scogin, è indubbiamente il guitar-work: compresso, dissonante e ribassato, ma non per questo privo di un animo melodico che si manifesta nelle aperture elegiache della monumentale “Pretty Soon, I Don’t Know What, But Something Is Going to Happen”, nelle punteggiature southern rock di “Sometimes It’s Our Mistakes That Make for the Greatest Ideas” o nell’euforico crescendo di “Organized Beyond Recognition”, episodi densi e strutturati che bilanciano le carneficine disseminate lungo la tracklist (“Face:Face” e “The Shotgun Message” su tutte). Del medesimo spessore è poi l’apparato ritmico, indispensabile nell’economia del disco e foriero tanto di breakdown distruttivi quanto di pulsazioni tribali degne di un “Through Silver in Blood”, classica ciliegina sulla torta – anche se forse sarebbe più corretto parlare di abominio – di un affresco artistico pressoché inattaccabile. Nell’ormai lontano 2002, Bibbia sotto braccio e camicia di flanella addosso, i Norma Jean hanno insomma scritto una pagina importantissima di Storia, senza peraltro più riuscire a ripetersi su simili livelli. Ora sta a voi, qualora non lo abbiate ancora fatto, accettare la sfida e trovare i nervi saldi per affrontare questo monolite di malessere.