8.0
- Band: NOTHINGNESS
- Durata: 00:43:26
- Disponibile dal: 20/01/2023
- Etichetta:
- Everlasting Spew Records
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Immaginatevi di esserre a piedi scalzi, nel cuore di un deserto composto da frammenti di vetro colorati e taglienti che puzzano di sangue marcio, di morte. Intorno a voi c’è solo il nulla che raccoglie le urla di dolore, le ingoia, le digerisce e le rigurgita a suon di death metal. Nello stomaco dei Nothingness ribollono le ruvide sonorità marce legate ad un genere in continua evoluzione al quale, il quintetto americano, riesce a dare un’impronta propria.
A tre anni di distanza dal primo album “The Hollow Gaze of Death”, la band di Minneapolis pubblica il nuovo “Supraliminal” sotto l’etichetta nostrana Everlasting Spew Records. Seguendo le orme del death metal primordiale, lasciate da mostri sacri come Morbid Angel, Gorguts e via dicendo, i Nostri riescono a tracciare un proprio percorso sonoro, minandolo con estrosi ordigni esplosivi. Le nove deflagrazioni che compongono il disco, oltre alla significativa forza d’urto, rilasciano nell’aria dissonanze roventi ed atmosfere minacciose che accrescono il senso di inquietudine e desolazione appartenente al mondo di “Supraliminal”. La notevole densità del suono del gruppo deriva dalle stratificazioni compulsive delle chitarre che creano un’infinità di riff fulminei e pesanti supportati da un drumming a dir poco esaltante. Il death metal che fuoriesce prepotentemente dal geyser Nothingness è bollente ma, nello stesso tempo, rilascia un senso di freschezza nato da una reazione chimica in cui si scontrano diversi stili sonori che collimano in un’esperienza uditiva varia e gratificante.
La marcia ritmica è contraddistinta da un passo oscillatorio che incide sulla velocità di ogni singolo brano: “Curse of Creation”, come “Horrendous Incantation” corre su dinamicità alternate ad improvvisi rallentamenti che rendono l’ascolto avvincente; o ancora, il death metal psichedelico di “Catapulted Into Hyperspace” offre nervosi assoli a sei corde e piacevoli distorsioni sonore esortate dal ruggito prominente di Alex Walstad che sovrasta magnificamente la scena musicale dell’intero album. Ogni traccia contiene al proprio interno una gemma, qualcosa che la caratterizza e che, molto spesso, viene alla luce dopo diversi ascolti perché c’è molto da scavare nel territorio malsano di “Supraliminal”. A stupire maggiormente, in senso positivo, sono i due pezzi più lunghi del lotto, “Temple of Broken Swords” e “Beacon of Loss”: due brani alienanti che racchiudono una considerevole intensità emotiva accesa da bagliori atmosferici, sezioni melodiche, e riff trascinanti dal sapore evocativo.
Descrivere ciò che succede in questo spazio frastagliato di vetro e tribolazione è un’impresa ardua ed ogni concetto espresso diventa riduttivo al cospetto di questo pandemonio allucinogeno. Seppur con dolore, siamo certi che non potrete fare a meno di correre entusiasti sulla distesa caustica di “Supraliminal” lasciando che sia la musica dei Nothingness a consumare lentamente le vostre membra.