6.5
- Band: NOVEMBERS DOOM
- Durata: 00:56:36
- Disponibile dal: 19/09/2025
- Etichetta:
- Prophecy Productions
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Sono passati ben sei anni da “Nephilim Grove”, l’undicesimo album dei Novembers Doom, che aveva segnato una battuta d’arresto per la formazione di Chicago. Non che si trattasse di un lavoro insufficiente, assolutamente, ma la sensazione che ci aveva lasciato all’epoca era quella di una band che, dopo un buonissimo lavoro come “Hamartia”, aveva esaurito lo slancio, accontentandosi di un disco un po’ di maniera, di quelli che, dopo qualche ascolto, finiscono a prendere polvere sullo scaffale.
All’annuncio del nuovo album, “Major Arcana”, avevamo sperato che questa lunga pausa fosse stata sufficiente a permettere alla band di ricaricare le batterie. Invece, con un certo dispiacere, dobbiamo notare come non solo il nuovo disco non faccia nulla per farci cambiare idea circa la deriva presa dai Novembers Doom, ma addirittura segni un’ulteriore flessione verso il basso.
Certo, gli statunitensi non sono mai stati una di quelle band seminali, capaci di lasciare il segno nella scena doom-death nemmeno nei loro anni più floridi, eppure ci avevano sempre abituato a lavori di buona fattura, capaci di trovare quell’equilibrio tra dolente disperazione e furia bestiale che rende così affascinanti queste opere. “Major Arcana”, invece, è un disco ben suonato, ben prodotto, ma poco ispirato nella scrittura.
Da un punto di vista stilistico, l’album si muove nella stessa dimensione abitata da “Nephilim Grove”. La base resta radicata nel doom-death degli anni Novanta, con influenze e sfumature che cercano una sponda nella proposta dei Katatonia, nel dark e in alcuni passaggi folk, con un’efficace – questa sì – alternanza tra voci pulite e growl. La band punta molto sulle melodie, alternando momenti più incisivi e violenti (“Ravenous”, “The Fool”) ad altri più avvolgenti e malinconici, come “Mercy”. Ciò che funziona meno, invece, è la via intermedia, dove le composizioni si fanno più anonime, adagiandosi su soluzioni già ampiamente battute da decine di band. Un esempio lampante, in questo senso, è “Bleed Static”, una lunga canzone che supera gli otto minuti e che sembra trascinarsi all’infinito. Nulla da dire, invece, sulla cura formale, che può vantare un trattamento di primo livello da parte della Prophecy Production: dall’ottimo artwork fino al mixaggio e al mastering, curati nientemeno che da Dan Swanö.
Per concludere, quindi, ci troviamo di fronte a un altro capitolo interlocutorio, che consigliamo solo a chi ha apprezzato senza remore il precedente album in studio. È chiaro che non avrebbe senso aspettarsi chissà quale evoluzione da una band attiva da più di trent’anni e con una carriera altalenante, eppure, dopo un’attesa così lunga, ci saremmo aspettati qualcosa di più da “Major Arcana”.
