7.0
- Band: NOVEMBERS DOOM
- Durata: 00:53:04
- Disponibile dal: 01/11/2019
- Etichetta:
- Prophecy Productions
- Distributore: Audioglobe
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I Novembers Doom sono una di quelle formazioni che è sempre stata ad un passo dalla grandezza, senza riuscire mai a raggiungerla. Una band solida, che ha prodotto album di valore, con una carriera ormai trentennale, che però non è riuscita a lasciare il segno come hanno saputo fare, invece, i grandi act da cui traggono ispirazione. Nel corso della loro carriera, i Novembers Doom hanno abbracciato la disperata vena doom/death dei My Dying Bride, abitando quella zona d’ombra tra malinconica eleganza e rabbia ferina. Nell’ultimo periodo, però, la band statunitense ha aggiunto sempre più colori, dalle venature progressive figlie degli Opeth ad un taglio talvolta psichedelico, culminati nella pubblicazione di “Hamartia”, lavoro di buonissima fattura che sembrava poter essere la chiave di volta su cui costruire una nuova giovinezza per la band.
Arriviamo così a “Nephilim Grove”, che si presenta molto bene grazie ad un artwork curatissimo e affascinante, ma che, alla prova dei fatti, non riesce ad essere all’altezza delle nostre aspettative, rappresentando di fatto un piccolo passo indietro rispetto al pregevole lavoro precedente. “Nephilim Grove” è un buon album, intendiamoci, convincente come quasi tutta la produzione dei Novembers Doom, tuttavia questa volta la scrittura appare meno a fuoco, con tante influenze diverse che si mescolano senza riuscire sempre a trovare quell’omogeneità che invece ci aveva convinti in “Hamartia”. Più efficace la prima metà del disco, dove la band si gioca le sue carte migliori. Così un brano come “The Witness Marks” valorizza l’impeto più aggressivo e muscoloso del gruppo; il primo singolo “What We Become” convince grazie alla sua anima disperata e avvolgente; mentre la titletrack rappresenta un ottimo episodio in cui le diverse sfaccettature si fondono con equilibrio e misura. In altri episodi, invece, la scrittura dei Novembers Doom vacilla un po’, dividendosi tra episodi ben confezionati ma tutto sommato anonimi (“Still Wrath”); passaggi fin troppo prevedibili (“Adagio”) ed influenze un po’ troppo sfacciate (impossibile, ad esempio, non pensare immediatamente ai Katatonia durante l’ascolto di “The Clearing Blind”). Dispiace non poter promuovere pienamente “Nephilim Grove”, a maggior ragione avendo a che fare con una band che si è guadagnata con coerenza ed impegno il proprio spazio fin dagli anni Novanta. D’altra parte, dopo tre decenni, non è nemmeno così facile dare una svolta alla propria carriera e questo nuovo lavoro, pur senza svettare tra gli episodi più fulgidi della discografia dei Novembers Doom, potrà sicuramente contare su diversi estimatori.