NOVEMBRE – Arte Novecento

Pubblicato il 21/06/2010 da
voto
9.0
  • Band: NOVEMBRE
  • Durata: 01:03:57
  • Disponibile dal: //1996
Streaming non ancora disponibile
La leggenda vuole che nel corso di una data live di supporto al debut “Wish I Could Dream It Again…”, Carmelo Orlando si strappò le corde vocali, cosa che lo costrinse a mantenerle a riposo per un certo periodo di tempo, tra l’altro proprio mentre la stesura del materiale per il secondo album della sua band stava per avere inizio. Non sappiamo se effettivamente le cose andarono così, ma resta il fatto che “Arte Novecento”, secondo full-length della carriera dei Novembre, è una sorta di mosca bianca all’interno della discografia del gruppo capitolino. In primis, perchè è appunto l’unico album della band a essere cantato solo con voce pulita, senza quindi nemmeno un accenno di quello screaming lacerante che spesso viene annoverato fra i trademark dei nostri; poi anche perchè è l’unico disco a non avere mai goduto di una vera e propria distribuzione ufficiale. La band, dopo aver cercato invano una sistemazione discografica, decise praticamente di auto-prodursi, appoggiandosi in seguito alla minuscola Polyphemus Records – che già aveva pubblicato il debut – per un minimo di promozione extra. In ogni caso, “Arte Novecento” è e rimane una autoproduzione a tutti gli effetti, dato che venne registrato in Svezia, con Dan Swano alla console, a spese della formazione. Ma torniamo al contenuto del disco, che dicevamo essere una cosiddetta mosca bianca; in effetti, non sono solo le linee vocali a risultare inedite per gli standard dei Novembre di allora. Anche la musica, come ovvio che sia, percorre binari piuttosto differenti rispetto a quelli su cui viaggiava “Wish…”. Di death e black metal qui non vi è quasi alcuna traccia; di contro, nel guitar-work si fanno prominenti delle influenze dark-wave e pop anni ’80, che vengono sovrapposte a quel gothic-doom di matrice britannica che è da sempre la base principale del sound dei nostri. Oltre a tutto ciò, vanno quindi segnalate un’atmosfera a dir poco uggiosa – ben lontana da quella rabbiosa o a tratti euforica di “Wish…” – una maggior cura nelle strutture dei pezzi, ora più fluide e a volte più vicine alla forma canzone, e una vena melodica assolutamente singolare, che trascende qualsiasi catalogazione. In particolare, brani trasognati come “Worn Carillon” o “A Memory” sembrano uscire da una jam-session fra i Voivod di “Angelrat” e i The Cure, con una passionalità e un trasporto tipicamente italiani che vengono fuori ogni volta che la chitarra di Carmelo Orlando si muove da solista. Proprio le melodie di “Worn Carillon”, ad esempio, ci hanno sempre ricordato quelle della colonna sonora di “Tutta Colpa del Paradiso”, vecchio film con la coppia Francesco Nuti/Ornella Muti… questo per dire quanto “italiano” suoni a tratti il disco! In ogni caso, la tracklist è piena di brani splendidi, che vedono i Novembre raggiungere vette di emozionalità forse mai più sfiorate in futuro: “January Tunes” è probabilmente l’opener più efficace e significativa tra quelle dei Novembre, con il suo incedere doomeggiante e un riffing minimale a fare da base alla voce sgraziata, tuttavia sentitissima, di Orlando. Proprio quest’ultima regala emozioni incredibili, perchè, pur essendo lontana dal poter essere comunemente definibile una “bella voce”, ha il grande pregio di essere perfettamente calzante con l’atmosfera del materiale. Non riusciremmo a immaginarci queste canzoni cantate da una voce differente: in questo caso non conta la tecnica, bensì l’impeto emotivo e la genuina inquietudine che emerge da ognuno di questi versi. Tuttavia, volendo proprio parlare di tecnica, è facile prendere in considerazione il grande lavoro di Giuseppe Orlando alla batteria, che, trovandosi di fronte a delle soluzioni chitarristiche e a delle strutture tutto sommato più semplici che in passato, decide qui di giocare un campionato tutto suo, tirando fuori dei pattern a volte intricatissimi e una lunga serie di finezze volte a vivacizzare smisuratamente anche i passaggi all’apparenza più lineari. In questo senso, è assai esemplificativa la seconda parte di “Homecoming”, oppure le lunghe sezioni strumentali della monumentale “Carnival”, che lo vedono assoluto protagonista con quelli che non esitiamo a definire veri e propri assoli. Se dovessimo però cercare di riassumere “Arte Novecento” nella maniera più immediata possibile, allora forse ci affideremmo a quella “Will” che, per quanto ci riguarda, rappresenta l’episodio più viscerale e tragico dell’intero repertorio dei nostri. Una marcia di otto minuti, sorretta quasi interamente da un singolo arpeggio, che esplode nel finale con l’unico uptempo dell’album. Incredibile come i Novembre riescano qui a sintentizzare il concetto di sconforto avvalendosi soltanto di un paio di semplici ingredienti. “Will” è la loro “The Cry Of Mankind”, il loro brano più intenso e destabilizzante, punta di diamante di un disco che, per le vicende a cui abbiamo accennato in apertura, raccolse purtroppo assai meno di quanto avrebbe meritato. Certo, grazie ad “Arte Novecento” i Novembre destarono l’interesse della Century Media e riuscirono a procurarsi il primo prestigioso contratto della loro carriera, tuttavia, a livello di responsi da parte del pubblico, l’album è ancora oggi una specie di oggetto misterioso sia nella discografia del gruppo che negli ambienti gothic-doom. E ciò è un peccato immenso, perchè, oltre a essere di per sè un lavoro ispiratissimo e profondo come pochi altri, che ancora oggi suona fresco e avvicente, è anche un’opera che per certi versi anticipò le future evoluzioni di realtà come i Katatonia, nel suo dare ampio spazio alle clean vocals e a mood più raccolti e rilassati. Del resto, non dimentichiamoci che “Arte Novecento” venne registrato all’inizio del 1996: una volta tanto, eravamo noi italiani a essere “avanti”…

TRACKLIST

  1. Pioggia... January Tunes
  2. Homecoming
  3. Remorse
  4. Stripped (cover Depeche Mode)
  5. Worn Carillon
  6. A Memory
  7. Nursery Rhyme
  8. Photograph
  9. Will
  10. Carnival
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