NOVEMBRE – URSA

Pubblicato il 29/03/2016 da
voto
8.5
  • Band: NOVEMBRE
  • Durata: 01:04:50
  • Disponibile dal: 01/04/2016
  • Etichetta:
  • Peaceville
  • Distributore: Audioglobe

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Otto anni e qualche mese. Un tempo immane, se consideriamo la velocità con la quale oggigiorno si succedono gli eventi, le mode, le opinioni e i dischi, tutto travolto dalla rapidità fagocitante dell’essere virale e dell’essere ‘tutto e subito’. Un tempo – questi otto anni e passa – in cui i Novembre hanno trascorso il loro periodo più buio e incerto, appesantiti da una crisi interna, la separazione dei fratelli Orlando, che poteva certamente pregiudicare il loro futuro. Nel 2015, però, ecco la band capitolina tornare finalmente alla luce, la sua luce atipica e crepuscolare, sottoforma di duo, formazione che, pur nella sua ufficiale sicurezza, fa comunque trasudare qualcosa di instabile e di momentaneo, forse una passeggera incarnazione, ennesima mutazione di un combo che ha avuto sempre l’anima, il cuore e la forza espressiva del cantante, chitarrista e compositore Carmelo Orlando. Carmelo, dopo essersi trovato ‘orfano’ del fratello batterista e producer Giuseppe, attualmente nei The Foreshadowing, ha vagliato più di un’ipotesi attinente al proprio futuro, fino a che non ha captato le giuste sensazioni e svegliato dal sonno dell’ibernazione i Novembre, unica entità musicale a consentirgli la miglior forma d’espressione. Richiamato alla base il fido chitarrista Massimiliano Pagliuso, trovati in Fabio Fraschini (già attivo con i Novembre in passato) e David Folchitto (Stormlord) i session adatti per la sezione ritmica, Carmelo ha raccolto le idee di otto anni di scrittura mai sopita e le ha organizzate in questo ottimo rientro sulle scene, intitolato “URSA”, acronimo per Union des Republiques Socialistes Animales. L’album, dunque quasi interamente concepito e scolpito dal leader dei Novembre, è un lavoro assolutamente degno dei propri predecessori, che di per loro non sono esattamente dei dischi di poco conto nel conteggio globale del death/doom metal melodico di stampo atmosferico e progressivo. Non a caso citati spessissimo assieme agli svedesi Opeth e Katatonia, quali fondatori della branca più prog e decadente del genere, i nostri portacolori hanno definito fin da subito un sound peculiare e caratteristico, pregno di rimandi onirici a mondi da sogno, nostalgici e dipinti con colori tenui ed autunnali, mantenendo sempre una stolida identità italiana – vuoi per alcune scelte liriche, vuoi per atmosfere che, pur essendo oscure e depressive, hanno sempre avuto insito in sè un calore del tutto mediterraneo. Nulla di tutto ciò si è perso in “URSA”, quindi, che sotto certi punti di vista altro non è che l’ideale prosecutore di “The Blue”, (pen)ultimo full della band. Il forte impatto melodico è chiaramente presente, così come la non facile fruizione dei primi ascolti: e se è vero che una frase del genere può essere vista come un controsenso, chi conosce bene il suono del gruppo sa che l’impostazione melodica dei Nostri non è di quelle di accezione standard, bensì ben più raffinata, obliqua e sottointesa. Le cantilene di Carmelo ci sono, le sue linee vocali trasportano sempre lontano, verso porti d’oltremare e isole velate da nascondenti nebbie, ma ci sono anche i suoi lancinanti screaming emotivi e disperati, particolare che ci fa allontanare dalla mente paragoni con “Arte Novecento” e “Materia”, platter in cui il cantato pulito la fa nettamente da padrone. E la realtà, superiore a qualsiasi fantasia o pensiero costruito, è che “URSA” somiglia a tutti gli altri lavori della band senza ricordarne in particolar modo uno: di sicuro contiene dieci episodi fra i più maturi della carriera Novembrina, tutti citabili per bellezza e capacità appagante, forse un pelo sottotono solo all’altezza della pigra “Oceans Of Afternoons” (ma anche questa track cresce inesorabilmente con gli ascolti) e della lunga semi-strumentale “Agathae”, brano fra l’altro vecchissimo e composto subito dopo l’uscita del debutto “Wish I Could Dream It Again”! Il resto è davvero di livello eccelso, a partire dalle dirette bordate di tracce quali “Easter”, “URSA”, “Annoluce” e “Bremen”, tutte potenziali singoli, fino ad arrivare al trittico magico iniziale composto dall’incredibile “Australis”, da “The Rose” e dall’ormai nota “Umana”. Personalmente scegliamo proprio l’opening-track quale assoluto masterpiece del lavoro, una canzone che attraversa trasversalmente tutto lo scibile musicale messo su pentagramma dai Novembre nel corso degli anni, un vero manifesto di stile! Piacciono tanto, poi, gli interventi solistici di Pagliuso, sempre puntuali e azzeccati – basti ascoltare il magnifico assolo presente proprio su “Australis”! – e a tutti gli effetti non si può dire quasi niente sulla prestazione alla batteria di Folchitto, così come per le scelte fatte in sede di songwriting e produzione: chiaro, il drumming di Giuseppe Orlando è molto presente e caratterizzante, in grado di prendere su di sè parte dell’attenzione dedicata all’ascolto; Folchitto, in collaborazione con Carmelo Orlando, invece, ha scelto un approccio diverso (ed era anche ovvio!), dedicandosi più ad un ‘compitino’ di qualità, comunque non disdegnante attimi in cui magari anche un semplice 4/4 fa da traino fondamentale a tutto il brano (si ascolti ancora “Australis” in merito). Senza dimenticare di citare le valide ospitate di Anders ‘Blakkheim’ Nystrom dei Katatonia (solo di chitarra in “Annoluce”) e di Paolo Sapia (gran sezione di sassofono sul finale di “Oceans Of Afternoons”), ci avviamo alla chiosa della recensione ribadendo un po’ quanto detto nel track-by-track pubblicato ad inizio marzo: “URSA” è un gran bel disco, un lavoro Novembre in tutto e per tutto, che non prende però le sembianze di disco di mestiere, bensì mantiene i tratti distintivi che hanno identificato (e che ancor’oggi identificano) la band quale punta di diamante del metallo italiano tutto, in grado di ripartire dal proprio passato senza nessuna paura e con una genuinità verace. Ancora una volta sospesi tra sogno e realtà, tra dolcezza e dramma, i Novembre sono semplicemente da ri-abbracciare e…be’, ri-ascoltare!

TRACKLIST

  1. Australis
  2. The Rose
  3. Umana
  4. Easter
  5. URSA
  6. Oceans Of Afternoons
  7. Annoluce
  8. Agathae
  9. Bremen
  10. Fin
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