8.0
- Band: NOVEMBRE
- Durata: 01:05:48
- Disponibile dal: 07/11/2025
- Etichetta:
- Peaceville
Spotify:
Apple Music:
Anche questa volta, infrangendo dubbi sepolti con speranze infine rifiorite, i Novembre risorgono ad ennesima nuova vita. E lo fanno ovviamente pubblicando un attesissimo lavoro di rientro sulle scene, che proietta la band siculo-romana nei maxischermi del metallo pesante e meno pesante per un corroborante bagno di popolarità fresco e profumato.
Scrivere che ci si sperava, in un loro ritorno, è pressoché superfluo, ma la paura che ciò non avvenisse per davvero, be’…quella era tangibile.
Il precedente “URSA” è del 2016, il disco prima ancora, “The Blue”, risale addirittura al 2007: ciò vuol dire rispettivamente nove e diciotto anni di dimenticanza, vaghi e spersi ricordi di melodie e passaggi atmosferici, la consapevolezza di essere di fronte, sempre e comunque, ad una delle formazioni italiane più seminali e influenti della nostra musica preferita, capace però di silenzi incalcolabili, di ibernazioni pluriennali e di mirabolanti ricomparse.
Ma ora l’attesa è finita, ora siamo con davanti ai nostri occhi la solita, splendida copertina del maestro Travis Smith, il lavoro alla consolle dell’altrettanto magistrale Dan Swano e con dentro alle orecchie le undici canzoni componenti “Words Of Indigo”, un lavoro che picchetta lo status di maturi prime mover dei Novembre e, allo stesso tempo, ne rinnova forme e sostanze grazie alla line-up nuova di zecca.
La presentiamo brevemente: accanto a Carmelo Orlando, rimasto unico membro storico del gruppo dopo l’abbandono definitivo del chitarrista Massimiliano Pagliuso, ritroviamo il fedelissimo Fabio Fraschini al basso, più volte visto all’opera con i Novembre sebbene non ne abbia mai fatto parte ufficialmente, perlomeno fino ad oggi; più giovani e ‘imberbi’ gli altri tre nuovi membri, l’ottimo drummer Yuri Croscenko e i due chitarristi Alessio Erriu e Federico Albanese.
Questi ‘Magnifici Cinque’ sono l’esito finale del processo di scrittura di “Words Of Indigo”, un processo condotto da Carmelo negli anni a cavallo della pandemia in modo costante ed ovviamente senza sosta, atto a produrre n-mila riff per poi cercare di dare un senso, un capo ed una coda affinché si compiano i suoi magici puzzle sonori, coadiuvato in sede di arrangiamento dagli altri quattro compari, chi più chi meno coinvolto nel processo di composizione.
“Words Of Indigo”, diciamolo subito a scanso di equivoci, è un disco 100% Novembre, pregno delle caratteristiche che hanno reso grande la band, ovvero atmosfere calde, avvolgenti ma crepuscolari; melodie mediterranee e a tratti strabordanti; una selva di certosini arrangiamenti da scoprire ad ogni ascolto; la ricerca di un’orecchiabilità sempre di buon gusto, lasciata stillare nell’animo fruizione dopo fruizione; una maturità precoce (ed oggi assolutamente saldata in questa età decisamente adulta) ed un approccio progressivo al concepimento dei brani, approccio che ha sempre permesso ai Novembre di personalizzare piuttosto facilmente, e fin dall’esordio “Wish I Could Dream It Again…” (1994), la propria proposta.
Si tratta dunque di una ‘semplice’ raccolta di brani inediti dei Novembre, eccezionale, nel senso più letterale del termine, se consideriamo le tempistiche di pubblicazione, ma anche piuttosto standardizzata se analizziamo con attenzione la qualità delle attuali composizioni: chiaro, la musica dei Novembre è di un livello molto superiore alla media, proprio per questo ci si aspetta da loro brani-capolavoro ad ogni plettrata, ad ogni linea vocale commovente. Sotto tale punto di vista, “Words Of Indigo” aggiunge poco – e da qui il calo di mezzo voto rispetto alle ultime valutazioni – ad una discografia incredibile, cui si aggiungono undici tracce di materiale validissimo e più che ottimo, ma che in definitiva non riescono a scavare più di tanto nel profondo dell’animo, se non in contati momenti di particolare enfasi e grandissima ispirazione.
La crescita ascolto dopo ascolto è spesso il segreto per definire un lavoro entusiasmante o meno, e “Words Of Indigo” funziona bene anche sotto questo aspetto, con la maggior parte delle canzoni che sale inesorabilmente di gradimento ad ogni passaggio.
Succede ciò, ad esempio, per la strumentale “Ipernotte”, per la fantasiosa “Statua”, animata da altissime pulsioni progressive, per gli stessi primi due singoli pubblicati, l’immediata “Your Holocene” e la goticheggiante “House Of Rain”, cantata da Carmelo in coppia con la rediviva Ann-Mari Edvardsen, indimenticata cantante dei The Third And The Mortal e già protagonista con i nostri portacolori in “Novembrine Waltz”, più precisamente nella cover di “Cloudbusting” di Kate Bush.
Molto buona anche l’opener “Sun Magenta”, dotata di un ritornello parecchio catchy e plasmato perfettamente sulle corde vocali pulite di un Carmelo Orlando ancora una volta bravissimo a trasferire nella registrazione del disco un dedalo ramificato di sfumature emotive nella propria voce, che si esprima nel suo tipicissimo pulito oppure si lasci andare alla disperazione con growl e scream lancinanti.
Mentre “Intervallo” spezza brevemente il lavoro a metà, richiamando alla mente in modo chiarissimo l’arpeggio portante di “Conservatory Resonance” (brano presente su “Novembrine Waltz”), le nostre due tracce preferite prendono i connotati di “Neptunian Hearts”, nella prima parte dell’album, e di “Chiesa Dell’Alba”, nella seconda: “Neptunian Hearts” è un ispiratissimo e vorticoso saliscendi, che parte dotato di epici hook chitarristici per poi sfociare in un bridge-chorus con voci pulite molto dolce e poi inalberarsi in una sezione violentissima in tupa-tupa e dove il growl di Carmelo riprende a farla da padrone; spezzone centrale più pacato, assolo super e poi ripartenza in pieno black-death melodico tra Naglfar ed At The Gates, fino allo sfumare sordo del brano.
“Chiesa Dell’Alba”, dal canto suo, risale alle session di “URSA” e porta in dote un incipit arpeggiato e ridondante, segnato da rintocchi di campana e da lacrimoni pesanti; poi un secondo arpeggio e arriva la sessione ritmica ad introdurre le strofe pulite di Orlando: è un brano che colpisce nel profondo, fino a quando non si anima in un 4/4 in crescendo evolutivo, con Croscenko che guida l’avanzata e il districarsi tra continui va-e-vieni metallici; quando il pezzo pare finire in modo delicato e sognante, ecco la sorpresa geniale, ovvero una ripartenza quasi angosciosa e tesissima, dove la band va a briglie sciolte verso una sera infinita.
Come riassumere, dunque, in poche parole, il nuovo lavoro dei Novembre? Be’, i ragazzi ci sono, i brani pure, serviranno ascolti plurimi per assimilarli tutti bene, ma “Words Of Indigo”, pur restando lontano dai maggiori capolavori del gruppo, si presenta come disco maturo, bilanciato, curatissimo e, ancora una volta, vincente. Speriamo solo che, come si suol dire in queste occasioni, e soprattutto ora che la formazione ufficiale è ringiovanita e pare essere ben cementata, non si debba aspettare altri nove anni per della nuova musica.
