7.5
- Band: NYRST
- Durata: 00:44:47
- Disponibile dal: 08/12/2023
- Etichetta:
- Dark Essence Records
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Verrebbe da domandarsi se esiste una commissione per il metallo islandese che proibisce ai dischi brutti di varcare il confine nazionale, altrimenti non ci spieghiamo il perché di così tanti centri da parte delle band di questa piccola e fredda isola sperduta tra il mar di Groenlandia e l’Atlantico: già presentatisi bene col debutto,“Orsök”, del 2020, ecco di nuovo i Nyrst, ed ecco di nuovo un disco di black metal islandese che sa il fatto suo e non intende nasconderlo.
Se l’opera prima era un lavoro più freddo e immaginifico, teatrale, capace di pennellare atroci tormente di neve con le sue affilate e pungenti canzoni, l’album numero due, “Völd”, si occupa di un altro elemento piuttosto importante delle terre patrie dei Nyrst, ovvero la ferocia del vulcano. Il termine stesso, völd, significa ‘forza, potenza’, e per descrivere meglio le sensazioni derivanti da queste montagne pulsanti di vita, la band si è trasferita, durante i lavori di composizione e scrittura, proprio a pochi chilometri da un vulcano attivo, al fine di trarre ispirazione dalla bellezza e pericolosità dei paesaggi circostanti.
Anche grazie a una copertina molto bella e certamente capace di suggerire le arie del disco, possiamo dire che la suggestione funziona, e anche la scrittura dei brani segue gli intenti, non solo tematici . La musica diventa più affilata, più efferata se non violenta, i brani più asettici e diretti, limati; si cerca meno l’effetto istrionico, immaginifico, si colpisce più su di una ferocia essenziale (ma non basica, diciamo).
Ad esempio, la voce segue degli stilemi espressivi molto più canonici in ambito black metal, ricorrendo per la maggior parte del disco allo screaming – con l’eccezione di “Drottnari Nafnlausra Gu∂a”, forse il brano che più si guarda indietro coi suoi esaltanti dieci minuti – a dispetto delle molte soluzioni adottate nel debut.
Ma in generale tutti i brani sono più asciutti, anche per quanto riguarda la produzione, buona senza strafare, e riescono certamente a evocare la potenza che i quattro islandesi si erano prefissati, ricorrendo a stilettate che ora possono ricordare band conterranee come Misþyrming, Sinmara, Svartidauði, ora nomi più globali come gli Immortal (sembrerebbe praticamente un omaggio l’intermezzo di “Eilíft Eldhaf”) o i Bathory, se non altro nell’epica che scorre come fuoco sul ghiaccio nei sette brani qui proposti.
Insomma, non possiamo che apprezzare questo disco che restituisce con potenza tutto il suo carico nazionale (folk in senso letterale) capace, col suo incedere dinamico e perentorio, di disegnare atmosfere graffianti e maestose pur senza ricorrere a chissà quale invenzione che non sia dettata dal riffing e dall’interpretazione, e che confermala bontà di questi Nyrst: secondo disco, secondo gol. Da ascoltare.