7.0
- Band: OBLITERATION
- Durata: 00:42:12
- Disponibile dal: 08/11/2013
- Etichetta:
- Indie Recordings
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Amanti dell’old school death metal, aprite bene le orecchie perché gli Obliteration sono tornati più in forma che mai! I norvegesi – compaesani dei ben più famosi Darkthrone – confezionano con questo “Death Black Horizon” il loro lavoro migliore, andando ancora una volta a recuperare istanze vicinissime alle sonorità estreme di inizio anni Novanta e mischiandole con dei rallentamenti paurosi, mai così vicini al doom, avvicinandosi più agli Incantation che agli Autopsy. Ovviamente non vi sono novità di rilievo nel sound dei Nostri, salvo quella già citata volontà di diminuire i bpm, probabilmente per meglio contrastare l’impatto sempre distruttivo delle sezioni in up tempo. A fronte di brani perfettamente riusciti e bilanciati quali l’iniziale “The Distant Sun (They Are The Key)” e “Transient Passage”, che si apre con una lampante citazione sabbathiana, vi sono episodi che invece non riescono a colpire per freschezza compositiva, limitandosi a risultare impattanti ma non trascinanti: parliamo soprattutto di “Ascendance” e della title track, a tratti anonimi. Invece molto bene la conclusione affidata a “Churning Magma”, outro ben studiata dove la chitarra di Arlid Myren Torp gioca a rincorrere addirittura Angus Young, prima di cedere ancora alle lusinghe del death doom. Il platter nel complesso è piuttosto riuscito, composto con gusto e suonato decisamente bene. Le ritmiche sono essenziali ma riescono a guidare alla perfezione i vari brani; la chitarra è onnipresente e disegna riff molto classici ma non per questo meno efficaci. Dietro al microfono Sindre Solen offre una performance solida e totalmente costruita su di un growl molto profondo ma anche abbastanza tecnico, sebbene la voce non arrivi ai livelli di quella dei maestri del genere. Insomma, gli Obliteration compiono appieno il loro lavoro, che non è quello di inventare chissà cosa, ma piuttosto di perpetuare una proposta musicale ormai piuttosto vecchia, dimostrando che quando ci sono le capacità compositive tutto il resto (o quasi) passa in secondo piano.