7.0
- Band: OCEANS
- Durata: 00:40:14
- Disponibile dal: 27/09/2024
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Ad un paio d’anni di distanza dal precedente “Hell Is The Where The Heart Is”, secondo full-length che raccoglieva i tre EP rilasciati nei mesi precedenti, tornano gli Oceans con “Happy”, terzo lavoro che conferma la band austro-tedesca come uno dei nomi di punta della scena nu-core mitteleuropea.
Fautori di quello che essi stessi definiscono ‘musica per gente depressa’, gli Oceans affrontano nei testi, evidentemente catartici, il tema dei disturbi mentali e della depressione, e lo fanno attualizzando gli stilemi del nu metal di korniana memoria con le sonorità più in voga degli anni Venti, dal symphonic deathcore al djent: l’opener “Parasite”, praticamente un unicum con la successiva “Spit”, parte dunque con blast-beat ed orchestrazioni debitrici dei Lorna Shore di “Pain Remains”, inframezzati da parti rappate e giri di basso degni di Jonathan Davis e Fieldy.
Rispetto ai nomi sopra citati i quattro mantengono un approccio più essenziale, con la maggior parte dei pezzi intorno ai tre minuti, ma anche quando ricorrono al cantato pulito l’effetto è più straniante (“Let It Burn”) o straziante (la title-track) rispetto al classico ritornello acchiappone, anche quando le coordinate si spostano verso un post-rock meno brutale rispetto a quanto proposto all’inizio.
Altro leitmotiv del disco è l’abuso dei social (“Click Like Share” e “Slaved To The Feed”, in cui fa capolino anche un po’ di trap metal grazie alla producer/youtuber Misstiq), mentre gli australiani Earth Caller aggiungono un po’ di pepe su “Breed Consume Die”.
Nella parte finale, viceversa, le atmosfere si fanno decisamente più rarefatte: se “The Birth Of Death” e “Father” risultano un po’ insipide, al contrario i sette minuti della conclusiva “In The End There’s Always Pain” sono un viaggio tra le diverse sfaccettature viste finora.
L’eccessiva varietà stilistica potrebbe talvolta disorientare, ma nel complesso – pur se leggermente inferiore al suo predecessore – “Happy” risulta una buona conferma per gli Oceans, cantori dei dolori dei giovani d’oggi a colpi di streaming.