7.5
- Band: OCEANS
- Durata: 00:39:20
- Disponibile dal: 25/11/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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I tedeschi Oceans, da non confondersi con i finnici …And Oceans e con gli americani Oceans Of Slumber, fanno parte di quella ‘meglio gioventù’ teutonica accomunata sotto l’ombrello del post-hardccore (Annisokay, Any Given Day, Venues, gli Eskimo Callboy quando ancora si chiamavano così), che, rispetto ai fratelli maggiore d’inizio secolo (Caliban, Heaven Shall Burn, Neaera), mostra meno muscolatura ritmica ed una vena melodica / progressiva più marcata, spesso abbinata ad un maggiore utilizzo dell’elettronica. Nel caso specifico degli Oceans, il debutto, direttamente sotto l’egida della Nuclear Blast, è avvenuto nel 2020 con “The Sun And The Cold”, ma i Nostri possono vantare un trittico di EP che si va ora ad arricchire di una nuova trilogia sul medio formato, racchiusa infine nel qui presente “Hell Is Where The Heart Is” (titolo degno di un best seller emo). Seguendo l’ordine di pubblicazione degli EP, partiamo dalla prima parte, “Love”, che dopo l’intro omonima mette subito le carte in tavola con “The Awakening”, pezzo in odore dei Korn di fine anni ’90 tra riff ribassati ed un chorus degno del Jonathan Davis d’annata; gli appassionati dell’Ozzfest che fu avranno di che divertirsi anche con la successiva “Sulfur”, ancora più dark e con bel un basso vintage in primo piano, mentre “Skin” parte più lenta per poi esplodere nella seconda metà. Il secondo EP, “Longing”, parte anch’esso con la canonica title-track sotto forma d’interludio recitato (abbastanza inquietante, per la verità) per poi mettere nel mirino con “Home” i Bring Me The Horizon di “Sempiternal”, per un uppercut melodico che non fa prigionieri; la successiva “I Want To Be Whole Again” sembra invece una nipote degli Orgy, mentre con “Living = Dying” si torna nei dintorni di Bakersfield, al punto che sul finale sembra quasi di sentire J. Davis ‘manovrato’ dal burattinaio Ross Robinson. L’ultima parte, “Clarity”, cambia ancora riferimenti con l’ipnotica “If There’s A God She Has Abandoned Us”, che avrebbe fatto sfracelli in una colonna sonora tipo “La Regina Dei Dannati”, così come “I Sing Alone” colpisce nel segno con un basso slappato a là Fieldy e un ipnotico refrain cui è difficile resistere se si è cresciuti a pane e “Issues”.
Gli Oceans non saranno dei mostri di originalità, a partire dal monicker, ma per i nu-stalgici come chi scrive, questo risciacquo dei pentagrammi in acque Korniane è una delle migliori sorprese sotto l’albero.